Il presidente della società italiana di virologia, Arnaldo Caruso, ha annunciato ieri ad Adnkronos Salute la scoperta della variante italiana del Coronavirus a Brescia.
Secondo quanto riportato dall’esperto, la variante nostrana sarebbe nel nostro Paese già dai primi del mese di agosto. Quindi, da ben prima della variante inglese.
Caruso ha spiegato che la variante italiana del Covid ha diversi punti di mutazione della proteina Spike. Proteina “uncino che il virus usa per attaccare il recettore presente nelle cellule bersaglio del nostro organismo”.
La variante italiana isolata a Brescia potrebbe spiegare l’aumento dei casi di Coronavirus tra ottobre e novembre
“Sulla variante inglese c’è stato tanto rumore esagerato, ma come abbiamo visto ogni Paese ha isolato delle varianti che sono poi compatibili con quello che accade ai virus che mutano” ha detto ad Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Marco di Genova.
“Quella isolata a Brescia potrebbe in parte giustificare e far capire perché boi abbiamo avuto a ottobre e novembre, soprattutto in Lombardia, così tanti casi con una diffusione molto facile del virus in aree particolari” ha concluso Bassetti.
Il presidente della Siv-Isv ha spiegato che, a differenza della variante inglese, la variante italiana ha “una seconda mutazione in posizione 493”. Questo significa che “la sua proteina Spike è leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo”.
“È interessante questo studio italiano che suggerisce che, chissà, la variante inglese magari non è neanche nata in Inghilterra, ma in GB sono solo riusciti a individuarla per primi” ha detto Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano.
“Sappiamo che i virus a Rna come il Coronavirus Sar-CoV-2 si modificano. Anche il virus influenzale ha una simile costituzione. Rovescia l’incapacità di replicarsi uguale a se stesso facendo in modo di porre nell’ambiente varianti che consentano il prevalere di elementi vantaggiosi” ha spiegato Pregliasco.
Importante monitorare la variante italiane e tutte le mutazioni del Coronavirus in funzione dei vaccini
Dall’inizio della pandemia ad oggi sono state individuate più di 12mila fra piccole e più significative variazioni del Coronavirus. Pregliasco ha sottolineato che è importante “monitorare questo aspetto” anche per il vaccino.
Proprio per quanto riguarda il vaccino, Caruso ha spiegato che non c’è timore che questo risulti inefficace sulla variante italiana del Coronavirus. Il presidente dei virologi italiani ha spiegato che il vaccino “genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike”.
“Anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina”.
La creazione di un consorzio per studiare le mutazioni del Coronavirus
Caruso ha poi spiegato che, insieme ad altri colleghi, cercheranno di studiare le varianti del Coronavirus per evitare che si diffondano mutazioni sempre più imprevedibili. “Insieme a tanti colleghi che utilizzano sistemi molecolari cercheremo di costituire un Consorzio sul modello GB, perché in Italia si inizi un’attività di sequenziamento virale cruciale per prevenire il diffondersi di varianti di Coronavirus sempre più temibili per la nostra salute e possibilmente capaci di vanificare l’efficacia di farmaci e vaccini”.
Questo tipo di modello, ha spiegato l’esperto, potrà essere utile anche in futuro. “Spero che tanti colleghi possano aderire a questa iniziativa e che possa trovare valido supporto e consenso da un Governo oggi più attento e preparato a rispondere a questa importante esigenza”.
“Nessun allarmismo”. A dirlo è Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’università Campus BioMedico di Roma. L’esperto, che ha lavorato sull’analisi della variante italiana del Coronavirus insieme a Caruso, ha detto: “Fortunatamente non sembrerebbe più patogena a tutti i riscontri fatti e il vaccino sempre proteggere. Stiamo tranquilli: se la variante non muta il cosiddetto Receptor-Binding Domain. Quello non può cambiare perché il virus non riuscirebbe più a usare il recettore cellulare”.