Tumore vescica: rischio alto per i nuotatori, amanti della piscina

Nell’acqua delle piscine, disinfettata con il cloro, potrebbero nascondersi veri e propri nemici per la salute, i trialometani, in grado di aumentare il rischio di insorgenza del tumore alla vescica

Tumore vescica, il rischio aumenta con il cloro della piscina

Articolo aggiornato il 21 Marzo 2011

Tumore vescica, il rischio aumenta con il cloro della piscina Il nuoto fa davvero bene, si sa. E’ uno sport completo, che garantisce ottimi benefici per tutto l’organismo e per la maggior parte dei distretti muscolari, ma la piscina, e, in particolare, la sua acqua disinfettata con cloro, potrebbe non essere altrettanto benefica. Per gli amanti del genere, frequentatori assidui delle vasche il rischio di insorgenza di tumore alla vescica potrebbe aumentare.

Un legame insospettabile, forse, ma stando alle evidenze di un recente studio spagnolo, piuttosto reale: dedicare con assiduità parte del proprio tempo libero a bracciate e tuffi nell’acqua ricca di cloro delle piscine potrebbe costare caro alla salute. In particolare, secondo il team di ricercatori spagnoli, del Centro per la ricerca in epidemiologia ambientale di Castilla La Mancha, il contatto frequente con l’acqua disinfettata con il cloro potrebbe incrementare le probabilità di essere colpiti da un tumore alla vescica.
 
Tutta colpa dei trialometani, specifiche sostanze presenti in quantità massicce nelle acque delle piscine, come sottolineano gli esperti iberici, sulle pagine della rivista BioMed Central. Immergersi spesso nell’acqua ricca di queste sostanze aumenta esponenzialmente le probabilità che l’organismo possa assorbirle, attraverlo la pelle.
 
Solo supposizioni? Non esattamente, gli scienziati spagnoli hanno condotto la sperimentazione su 1270 persone, una parte delle quali aveva assunto da alcuni mesi sono acqua in bottiglia, per annullare gli eventuali rischi, legati alla presenza di trialometani, di quella del rubinetto. Tutte premure vanificate dall’abitudine di nuotare in piscina o quasi. Meglio non scatenare inutili allarmismi, però, la percentuale di rischio c’è, ma è contenuto e per la conferma definitiva sono necessarie ulteriori sperimentazioni.
 

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