Articolo aggiornato il 28 Aprile 2009
Un’indagine del Censis ci da uno spaccato per certi versi un po’ inquietante dell’Italia in fatto di tumori, visto che l’importante Istituto ha delineato una morbilità, in fatto di epidemiologia della malattia, che vede oltre due milioni di nostri connazionali che si sono visti diagnosticare almeno una volta nella loro vita un tumore, malattia che ha un’incidenza nella popolazione femminile di 431 casi su 100 mila abitanti e 483 su 100 mila solo nello scorso 2008 .
C’è anche da ricordare che su 100 decessi per malattia nel nostro Paese avvenuti ogni anno, trenta circa sono causati da una neoplasia, così come fra le regioni d’Italia, il primato dei maggiori casi diagnosticati di tumore spetta a Liguria e Friuli Venezia Giulia; così come da chiarire, di contro, che è migliorata la sopravvivenza dalla malattia a cinque anni dalla diagnosi, perfettamente in linea con quanto avviene in Europa.
Dunque il tumore come una malattia sociale e cronica, tant’è che negli ultimi dieci anni, su 100 patologie che hanno richiesto un’inabilità pensionabile da pare dell’INPS, ben 57 erano rappresentate da malattie tumorali che hanno superato, nel 2005, le malattie cardiovascolari in fatto di riconoscimento da parte dell’Ente previdenziale.
Da dire che parliamo di una malattia sociale ma non trattata in maniera omogenea in tutta Italia, continuando ad esserci delle notevoli discrepanze in fatto di trattamento per quanto concerne la somministrazione dei farmaci, le prestazioni specialistiche, compresa la radioterapia ed il sostegno di natura psicologica nelle diverse zone del Paese. A livello regionale infatti, le difformità si vedono eccome, basti pensare che, a proposito di prestazioni specialistiche extraospedaliere di oncologia coesistono variazioni nelle prestazioni rese per 1.000 abitanti che oscillano tra 13,23 prestazioni in Campania (13,90 in Abruzzo) e 172,88 nella Provincia Autonoma di Bolzano (127,67 in quella di Trento), nelle prestazioni di radioterapia per regione (da 419,10 per 1.000 abitanti in Molise a un minimo di Basilicata e Valle d’Aosta dove il dato è inferiore all’1 per mille), nell’assistenza domiciliare integrata (casi trattati per 1.000 abitanti, si va da 0,53 casi in Valle d’Aosta a 21,63 casi in Friuli-Venezia Giulia) e nelle ore totali di assistenza domiciliare per caso trattato (da 12 ore in Molise a 183 ore in Valle d’Aosta). Stessa cosa di quanto avviene a livello delle prestazioni extraospedaliere di Medicina Fisica e Riabilitativa, visto che nel 2007 in Toscana sono state erogate 178,51 prestazioni fisiatriche per 1.000 abitanti contro le 3.744,86 erogate in Basilicata.
E che dire a proposito del giudizio riguardo le associazioni di volontariato oncologico sull’offerta delle cure: a livello nazionale il 51,3% delle associazioni esprime un giudizio molto o abbastanza positivo sull’operato della sanità in ambito oncologico, ma al Nord è il 64,2% delle associazioni a dare un giudizio positivo, solo il 46,5% al Centro e meno del 29% al Sud. Le associazioni esprimono giudizi particolarmente positivi per la terapia farmacologica (quasi il 93% definisce molto o abbastanza positiva questa prestazione), per la terapia chirurgica e radioterapica (72,6%) e per la diagnostica (71,6%); molto meno positivi i giudizi relativi alla prevenzione (è poco più del 48% a dare un giudizio molto o abbastanza positivo) e alla riabilitazione (42%); ancora più bassi quelli per l’assistenza domiciliare, valutata positivamente dal 34%, e per l’informazione, con il 33,7% di giudizi positivi.
E in un Italia che, purtroppo, ancora oggi troppe volte viaggia a due, se non addirittura tre diverse velocità, c’è da rilevare, sempre secondo l’indagine del Censis, che al Sud e nelle Isole il supporto psicologico, che nelle neoplasie riveste sempre di più un momento importante della terapia, è ancora eccessivamente carente, almeno quello dispensato dalle A.S.L. visto che beneficiarne sono circa 12 pazienti su 100, al Nord la percentuale si avvicina al 40%, senza considerare che le Associazioni denunciano anche una notevole difficoltà nell’accedere ai servizi da elargire, quasi 64 persone su 100 lamenta la scarsa trasparenza delle informazioni ricevute a proposito dei medici o degli Enti competenti cui rivolgersi e per il 57,6% esiste carenza di psicologi nel Servizio sanitario locale.
Resta comunque alla figura dello specialista oncologo il ruolo centrale di chi si pone di fronte ad un malato neoplastico e che di fatto fornisce a lui la maggior parte delle informazioni riguardo al suo stato di salute e sulle prospettive future che gli si paleseranno, mentre in ambito socio-assistenziale sono le associazioni a rappresentare la fonte più importante di informazioni.
Una delle misure più utili per affrontare organicamente il problema delle disparità sul piano nazionale è, suggerisce la ricerca, la sollecita approvazione del Piano Oncologico Nazionale, prevista da norme di legge ad oggi inapplicate.