Il cancro non è più, in molti casi, una malattia incurabile: sono ben 2 milioni gli Italiani che hanno superato una forma di tumore e di questi quasi 700 mila hanno un’età tra i 20 e i 64 anni, con tutta la voglia, quindi, di ritornare a una vita il più possibile normale. Anche dal punto di vista lavorativo.
Secondo un’indagine dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) sulle donne colpite da tumore al seno, il 40% delle pazienti ricomincia a lavorare a due mesi dalla diagnosi, soprattutto se svolge lavoro d’ufficio e a due anni dalla malattia la percentuale arriva al 74%. C’è, però, anche il rovescio della medaglia: il 35% si sente discriminato sul posto di lavoro e il 25% deve adattarsi a mansioni differenti dalle solite.
“Abbiamo raggiunto importanti traguardi grazie agli screening e alle terapie biologiche mirate. Stiamo ora assistendo a una vera e propria cronicizzazione della malattia: con il cancro si vive meglio e più a lungo. Il progressivo aumento della sopravvivenza, in tutto il vecchio continente, apre nuove sfide per l’oncologo e per l’intero sistema, che deve essere ripensato, a partire dalle aziende” afferma il professor Carmelo Iacono, presidente AIOM.
Ecco dunque che durante il congresso europeo di oncologia ESMO la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) ha presentato un progetto pilota, in collaborazione con l’ENI, che punta anche alla costituzione di un “Disability Management Team” permanente per la migliore gestione del reinserimento in azienda dei malati di cancro.
“Il sostegno socio-assistenziale e la tutela del lavoro sono aspetti riabilitativi di fondamentale importanza per il ritorno alla vita dopo una diagnosi di tumore” spiega Francesco De Lorenzo, presidente FAVO. Esiste, per altro, una normativa che tutela il diritto dei pazienti oncologici, e dei loro famigliari, al lavoro part time, ma non tutti ne sono informati.
Proprio nell’informare i pazienti circa i propri diritti sono molto attive le associazioni di pazienti, come, oltre alla FAVO, l’AIMaC (Associazione Italiana malati di Cancro, parenti e amici): “In passato ci siamo concentrati soprattutto sull’accesso alle prestazioni e ai servizi, ottenendo risultati importanti. Il prossimo obiettivo è la riabilitazione, nel suo significato più ampio, per favorire il più completo e rapido ritorno alla vita di prima” spiega l’avvocato Elisabetta Iannelli, vice-presidente AIMaC.
E questo significa anche gestire gli effetti collaterali delle terapie antitumorali. Ricordiamo, infatti, che per tornare a una vita il più possibile normale non conta solo il lavoro, ma anche le relazioni sociali, affettive e sessuali, spesso compromesse proprio dagli effetti avversi delle cure.