Tumore alla prostata, il farmaco che riduce di un terzo il rischio di morte

Il tumore alla prostata è il secondo più diagnosticato negli uomini, ma grazie ai farmaci è oggi aumentata notevolmente la speranza di sopravvivenza.

Tumore alla prostata
Foto Unsplash | National Cancer Institute

Il tumore alla prostata colpisce la piccola ghiandola appartenente all’apparato genitale maschile, situata appena al di sotto della vescica e davanti al retto. Si tratta di un carcinoma molto diffuso, dal momento che è il secondo più diagnosticato negli uomini. Si stima che, in Italia, nel 2020 si siano presentati circa 36mila nuovi casi. Per questo motivo è quanto mai importante individuare nuove cure così da trattare il cancro nella maniera più efficace possibile. Un nuovo farmaco sembra avere davvero ottenuto risultati interessanti.

Tumore alla prostata, nuove speranze di cura

Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse terapie utili ad aumentare il tasso di sopravvivenza e a migliorare la qualità della vita dei malati affetti da cancro alla prostata. Oggigiorno più del 90% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia, il tumore può evolvere in una forma resistente alla castrazione, nel qual caso i farmaci ormonali non hanno più efficacia. Sebbene questo tipo di carcinoma è spesso a basso rischio, vede aumentare notevolmente la possibilità di sviluppare metastasi soprattutto nel corso dei due anni successivi alla diagnosi.

Tra le varie armi a nostra disposizione per ritardare la comparsa di metastasi arriva anche darolutamide. Si tratta di un inibitore orale del recettore per gli androgeni, già utilizzato per altri problemi prostatici. Lo scorso anno EMA (l’Agenzia Europea del Farmaco) ha approvato questa molecola, sulla base dello studio di fase 3 ARAMIS – pubblicato sul The New England Journal of Medicine. L’esperimento ha coinvolto più di 1.500 pazienti e ha portato a galla una notevole efficacia nel ridurre il rischio di sviluppare metastasi e nell’aumentare le probabilità di sopravvivenza.

Darolutamide, abbinato alla terapia di deprivazione androgenica, ha evidenziato una diminuzione del rischio di morte del 31%. Inoltre, ha notevolmente aumentato il periodo di tempo in cui i pazienti rimangono privi di metastasi: da una media di 18,4 mesi si è passati ad una media di 40,4 mesi. A rendere ancora più interessante il farmaco è il suo profilo di sicurezza e la presenza di limitati effetti collaterali. Inoltre sembra avere efficacia nel ritardare la comparsa dei sintomi associati al tumore alla prostata.