Tumore al polmone, -28% rischio di morte grazie a un nuovo mix di cure

L'immunoterapia associata a cicli limitati di chemioterapia riduce del 28% il rischio di morte e del 33% il rischio di progressione della malattia

radiografia polmoni
Foto Shutterstock/Chinnapong

Nuova scoperta nella lotta contro il tumore al polmone: secondo i dati principali dello studio di fase 3 CheckMate -9LA, presentato al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), grazie all’unione tra immunoterapia e chemioterapia, diminuiscono del 28% il rischio di morte nei pazienti affetti da questa patologia.

Tumore al polmone, una duplice terapia per contrastare la malattia

Nei pazienti colpiti dalla forma più comune di tumore al polmone, quella non a piccole cellule, l’immunoterapia associata a cicli limitati di chemioterapia, quindi due, invece dei classici quattro, riduce del 28% il rischio di morte e del 33% il rischio di progressione della malattia.

Non solo, il 38% dei pazienti che hanno ricevuto la duplice terapia immuno-oncologica, costituita da nivolumab più ipilimumab, in associazione con 2 cicli di chemioterapia, era vivo a due anni rispetto al 26% di quelli trattati con la sola chemio.

“Nel 2020 in Italia sono state stimate quasi 41.000 nuove diagnosi di tumore del polmone – ha affermato Cesare Gridelli, Direttore Dipartimento di Onco-Ematologia dell’Azienda Ospedaliera ‘Moscati’ di Avellino -. È una neoplasia particolarmente difficile da trattare, perché circa il 70% dei casi è scoperto in fase avanzata. E la sopravvivenza a 5 anni per le persone con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico non supera il 6%. Da qui l’importanza di nuove opzioni terapeutiche. Lo studio CheckMate -9LA ha coinvolto più di 700 pazienti ed ha un disegno innovativo. Innanzitutto la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, consente di ottenere un meccanismo d’azione completo e sinergico, perché diretto verso due diversi checkpoint.

Ma non è tutto: l’ulteriore vantaggio di questo schema terapeutico è rappresentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia, che permette di ridurre gli effetti collaterali, una problematica molto grave per chi è affetto da questa patologia. Si tratta, sottolinea l’esperto, di un “grande beneficio per i pazienti, anche da un punto di vista psicologico, perché la chemioterapia fa ancora paura. Il paziente, in meno di un mese, termina la chemioterapia e prosegue il trattamento con l’immunoterapia”.