Tbc: cresce l'allarme in Italia

Crescono i casi di tubercolosi in Italia

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Tubercolosi. A questa parola la mente associa immagini del passato, con lugubri sanatori ottocenteschi in cui persone di tutte le età e fasce sociali attendevano la fine tossendo ininterrottamente, come la celebre Violetta nell’ultimo atto de “La Traviata” di Giuseppe Verdi. Invece, la tbc è ben lungi dall’essere completamente scomparsa dal nostro paese e la possibilità di ammalarsi è reale.

A lanciare l’allarme è stavolta il congresso nazionale dell’Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo) e dell’Unione italiana per la pneumologia (Uip) che si sta tenendo in questi giorni a Firenze, alla Fortezza da Basso. Nella prima giornata di lavori sono stati infatti presentati i dati raccolti dal Ministero della Salute e relativi alla diffusione della tbc in Italia. Le statistiche hanno rivelato che nel 2005 vi sono stati oltre 4mila casi. Di questi, 3028 di tbc polmonare, 1033 di tbc extrapolmonare e 153 di forme miste. Il 44% dei casi di tubercolosi ha riguardato giovani immigrati. Rispetto agli stranieri, gli italiani che si sono ammalati di tubercolosi avevano una età media compresa tra i 55 e i 64 anni. La fascia d’età tra i 25 e i 34 anni è invece risultata quella più a rischio per quanto riguarda i casi di tubercolosi tra gli stranieri.
Ma non basta.
Qualche tempo fa era stato dato l’allarme per l’arrivo in Italia di un super batterio della tbc proveniente dall’Est Europeo e dall’Estremo Oriente. Il suo nome è Xdr-Tb ed è resistente a tutti i farmaci conosciuti. Il batterio killer sembrava essere stato circoscritto. Invece, secondo quanto dichiarato da Giorgio Besotti, primario tisiologo dell’Ospedale di Sondalo (in provincia di Sondrio), nella sua struttura, la più grande in Italia dedicata a questo tipo di malattie, si sono registrati quest’anno cinque decessi.
Insomma, il ritorno della tbc è uno degli effetti negativi della globalizzazione. In un mondo sempre più piccolo, infatti, le malattie enemiche nei paesi in via di sviluppo finiscono per interessare anche le nazioni più industrializzate, grazie alla maggiore facilità di circolazione delle persone. Anche in questo caso, gli esperti ricordano l’importanza della diagnosi precoce per limitare il diffondersi della malattia. Tuttavia il problema sarà quello di studiare e mettere in pratica strategie di contrasto che siano efficaci sia a livello locale che internazionale.