Continuano gli studi su Covid-19. In particolare, i ricercatori dell’università di Roma Tor Vergata hanno individuato una proteina che potrebbe causare forme gravi del virus.
La proteina Herv-W Env, correlata all’infiammazione delle cellule nei pazienti Covid-19
Per la prima volta, infatti, i ricercatori hanno individuato la presenza di un’elevata quantità di una specifica proteina, la Herv-W Env, nei pazienti affetti da Covid-19. Questa, in particolare, si trova nei linfociti T, cellule che hanno un ruolo centrale nella risposta immunitaria a virus e batteri.
Secondo quanto emerso dallo studio, pubblicato sulla rivista EbioMedicine, nei pazienti affetti da Covid-19 questa proteina è correlata all’infiammazione, alterazione ed esaurimento delle cellule del sistema immunitario.
“L’attivazione di Herv-W Env indotta durante l’infezione da Covid-19 che abbiamo osservato nei linfociti dei pazienti ospedalizzati contribuisce ai processi di iper-infiammazione e immuno-deregolazione che sono alla base della severità della malattia”. A spiegarlo è Claudia Matteucci, ricercatrice della cattedra di Microbiologia e microbiologia clinica dell’Università di Roma Tor Vergata, oltre che coordinatrice dello studio, realizzato in collaborazione con il Policlinico del medesimo istituto.
Quindi, secondo quanto emerso, il livello della proteina nei pazienti Covid-19 riflette le complicazione respiratorie e suggerisce quindi il suo ruolo nella patogenesi e nell’evoluzione della malattia.
La proteina Env potrebbe essere un potenziale bersaglio terapeutico
“Comprendere i meccanismi che portano all’infezione da Sars-Cov-2 alla malattia grave è fondamentale per lo sviluppo di trattamenti efficaci” ha spiegato Matteucci. “L’identificazione dell’associazione tra la presenza della proteina e la disfunzione infiammatoria e immunitaria nella malattia apre la strada ad ulteriori studi nel ruolo della proteina Env come potenziale bersaglio terapeutico”.
Massimo Andreoni, responsabile della clinica di malattie infettive del policlinico Tor Vergata ha detto: “Per la forma grave della malattia nei pazienti Covid-19 attualmente sono disponibili poche opzioni terapeutiche per controllare la risposta alterata all’infezione dal virus e per lo più inefficaci nel ridurre il tasso di mortalità”.
La proteina individuata dai ricercatori è nota per avere effetti pro-infiammatori, come detto. Questo potrebbe così contribuire sia a generare complicazioni acute che sintomi neurologici, anche a lungo termine.