Lo sport fa bene al corpo e anche alla mente: fin qui nulla di nuovo. Ma ora, una ricerca condotta dalla Fondazione Santa Lucia, in collaborazione con l’Università Foro Italico di Roma, ha individuato benefici derivanti dall’attività sportiva a livello cognitivo, quindi non solo psicologico, in atleti disabili.
Da anni è noto come l’attività fisica, oltre ad aiutare le attività cognitive di tutti in generale, sia utile per migliorare le capacità funzionali e l’autonomia delle persone disabili nello svolgimento delle attività quotidiane e offra loro benefici a livello psicologico, contrastando ansie e depressioni. Ma lo studio attuale, che sarà presto pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Neurotrauma” è andato oltre.
La ricerca, infatti, svela come lo sport possa indurre nei soggetti disabili modificazioni delle funzioni cognitive superiori, migliorando la plasticità cerebrale. In particolare è stato osservato un sensibile miglioramento della capacità di percepire uno stimolo e di rispondere a esso.
I ricercatori italiani hanno studiato gli atleti con disabilità che giocano a basket a livello agonistico, uno sport in cui l’atleta deve interagire con un ambiente esterno mutevole, la squadra e gli avversari, e tener conto delle informazioni che riceve in campo per muoversi e agire. Questi sportivi sono stati messi a confronto con atleti disabili nuotatori, sempre a livello agonistico, e con persone normodotate che non svolgevano alcuno sport come agonisti.
L’esperimento si è svolto in studio: i soggetti dovevano reagire il più velocemente possibile a degli stimoli visivi premendo un tasto e, invece, in presenza di altri stimoli, trattenere la risposta. Il tutto mentre un elettroencefalogramma registrava l’attività cerebrale di ognuno.
Tutti i disabili hanno mostrato un tempo di reazione leggermente rallentato rispetto ai normodotati, ma i giocatori di pallacanestro hanno fatto registrare performance eccellenti sia in termini di numero di errori, sia in fatto di stabilità e flessibilità della risposta: in particolare quando dovevano trattenere la risposta hanno mostrato un’attività cerebrale perfettamente normale. Al contrario, i nuotatori, nella stessa attività di inibizione della risposta, hanno avuto risultati rallentati.
Quindi non tutte le attività sportive aiuterebbero le funzioni cognitive, ma soprattutto gli sport di squadra o comunque quelli complessi, che richiedono una costante interazione con l’ambiente e l’avversario (per esempio la scherma).
“Tali riscontri possono ora suggerire delle importanti implicazioni riabilitative. Lo sport può essere inserito nel programma riabilitativo multidisciplinare per le persone affette da patologie del sistema nervoso centrale” sottolinea Stefano Brunelli, specialista in Fisiatria e Medicina dello Sport, Dirigente Medico della Fondazione Santa Lucia, tra i partecipanti alla ricerca.