Secondo quanto emerso da un’indagine dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano su un campione composto da docenti universitari e personale, lo smart working ha provocato quella che viene chiamata online fatigue.
Tra gli effetti, emersi dal gruppo di ricercatori del Dipartimento di Psicologia e di Scienze Statistiche, ci sono sintomi psicosomatici e scarsa qualità della vita. Ma anche assenza di tempo libero e estensione prolungata dell’orario di lavoro. Inoltre, secondo i risultati, sembra che lo smart working abbia provocato anche delle interferenze tra la vita lavorativa e privata dei soggetti in esame.
I ricercatori, Serena Barello, Andrea Bonanomi, Federica Facchin e Daniela Vilani, hanno così tracciato un bilancio dello smart working a quasi un anno dall’inizio del primo lockdown in Italia.
Lo smart working interferisce con la vita privata, secondo alcuni intervistati
Secondo quanto emerso, due intervista su tre (65%) avvertono un’importante invasione della tecnologia nella vita quotidiana. L’utilizzo dei dispositivi, dal pc allo smartphone, è spesso superiore alle sei ore, anche nei weekend e nei festivi, oltre che in orario extra lavorativo.
Dalla ricerca, infatti, è emerso che, nell’ultimo mese, il 65% degli intervistati ha continuato a lavorare anche fuori orario o in giornate non lavorative. A questo si aggiunge anche il fatto che un intervistato su due abbia dichiarato di utilizzare per più di quattro ore al giorno alcune piattaforme, indispensabili per lo smart working, come Zoom e Microsoft Teams.
Sensibilizzare è necessario
Nonostante tutto, però, 84% degli intervistati ha dichiarato di continuare a sentirsi orgoglioso del lavoro svolto. Il 73%, invece, ha evidenziato come continui a trovare il proprio lavoro coinvolgente. Gli intervistati, infatti, hanno spiegato di dedicarsi all’attività lavorativa, nonostante lo smart working, con passione e dedizione.
“È necessario che le istituzioni si facciano carico di iniziative volte a promuovere una corretta igiene del lavoro” ha detto Andrea Bonanomi, responsabile della ricerca.
Serve, quindi, una maggioresensibilizzazione da parte delle istituzioni sui rischi connessi allo smart working. Oltre che, un trattamento adeguato per la prevenzione della online fatigue.