Ogni anno sono circa 400 mila le morti o le gravi invalidità legate a malattie trombotiche, cioè connesse alla formazione di trombi che bloccano la circolazione sanguigna: circa 200 mila per infarto, 150 mila per ictus e 50 mila per trombosi venosa profonda.
Lo stile di vita sano, senza vizio del fumo, obesità, sedentarietà, è sempre la prima strategia preventiva, ma ci sono casi in cui, per la presenza di malattie cardiovascolari, in seguito a interventi chirurgici importanti, soprattutto ortopedici, oppure per situazioni in cui si è costretti a lungo immobilizzati, il rischio della formazione di trombi si può prevenire soprattutto con una profilassi farmacologica anticoagulante.
“Gli attuali trattamenti antitrombotici come le eparine e gli antagonisti della vitamina K sono stati per anni (e lo sono tutt’ora) il fondamento del trattamento anticoagulante, sebbene presentino svantaggi significativi soprattutto nell’impiego a lungo termine” dichiara il professor Pier Mannuccio Mannucci professore ordinario di medicina interna all’Università di Milano e direttore della Clinica Medica presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
Sono farmaci, infatti, che aumentano il rischio di emorragie e che richiedono un costante controllo dei parametri della coagulazione, inoltre possono interagire con molteplici alimenti e altri farmaci, per cui anche il dosaggio viene variato nel tempo: spesso tutto ciò determina l’abbandono delle terapia da parte dei pazienti. Bisogna, quindi, trovare nuovi farmaci, ugualmente efficaci, ma ben tollerati e con somministrazioni più “maneggevoli” (le eparine, per esempio, attualmente vanno iniettate sottopelle e non sono, quindi, facilmente accettate a lungo). Le ricerche farmacologiche viaggiano in questo senso e già ci sono alcune molecole promettenti e forse in un futuro non lontano potrebbero diventare le soluzioni principali alla trombosi.
Salute: si cercano nuove cure per la trombosi
Contro la trombosi esistono ottimi farmaci sotto il profilo dell'efficacia, ma sono poco maneggevoli e richiedono un costante controllo: per questo oggi si cercano molecole più sicure e tollerate dai pazienti
