Articolo aggiornato il 15 Marzo 2016
La retinite pigmentosa è una patologia a carico degli occhi che provoca diversi sintomi, per cui è importante giungere a una diagnosi il prima possibile. Esistono delle cure? Con “retinite pigmentosa” si indicano delle malattie ereditarie della retina: il termine “retinite” indica, infatti, una disfunzione della retina; mentre l’aggettivo “pigmentosa” fa riferimento al fatto che, negli stadi avanzati della patologia, compaiono nella retina delle zone abnormi di pigmento. Con il tempo, la retina si deteriora e perde la capacità di trasmettere al cervello le informazioni visive. La diagnosi della retinite pigmentosa può essere confermata attraverso un elettroretinogramma e altri esami specifici. La malattia – abbastanza rara, in quanto colpisce una persona su circa 4 mila – sarebbe da rapportare a una degenerazione primitiva dei fotorecettori, che si verifica a causa di mutazioni che interessano alcune proteine. Ma qual è la sua sintomatologia esatta? Esiste un trattamento efficace per poter sperare nella guarigione? Scopriamo di più in merito.
I sintomi
La retinite pigmentosa può colpire entrambi gli occhi o, inizialmente, uno soltanto. I sintomi della retinite pigmentosa consistono nella graduale perdita della vista e nella difficoltà di vedere in lontananza, al crepuscolo, di notte o, comunque, in condizioni di scarsa illuminazione: il soggetto manifesta problemi di adattamento nel passare dagli ambienti illuminati a quelli bui. Si verifica, inoltre, un restringimento del campo visivo, quindi i pazienti hanno difficoltà nel percepire gli oggetti che sono posti lateralmente, oppure tendono a inciampare negli ostacoli bassi: la restrizione del campo visivo porta, progressivamente, alla visione a tunnel; l’alterazione del campo visivo è progressiva e può arrivare a interessare anche la parte centrale dell’occhio. Un’altra delle manifestazioni sintomatiche è costituita da un’elevata sensibilità all’abbagliamento: di solito, svaniscono i contrasti e la percezione diventa difficoltosa. Nei casi più gravi, il paziente non riesce a svolgere alcuna attività durante le ore notturne o in presenza di scarsa illuminazione; si presenta offuscamento delle immagini e si può giungere, alla fine, anche alla cecità: il campo visivo, infatti, si restringerà fino a sparire totalmente. In alcune forme di retinite pigmentosa, si può assistere anche alla perdita dell’udito, ma ricordiamo che la sintomatologia varia molto da paziente a paziente.
Le cause
Tale malattia è causata dalla degenerazione dei fotorecettori della retina e la velocità di progressione della patologia dipende da caso a caso. Nell’insorgenza della retinite pigmentosa dell’occhio, ha sicuramente un ruolo importante l’ereditarietà: si tratta di una patologia di cui ancora non si conoscono bene le cause, ma pare abbia – per l’appunto – una forte componente genetica; inoltre, la comparsa della malattia è maggiormente diffusa in presenza di unioni tra consanguinei. Solitamente, la retinite pigmentosa colpisce raramente i bambini e manifesta i suoi sintomi durante l’adolescenza o in età adulta.
La diagnosi
Alla comparsa dei sintomi, è importante rivolgersi immediatamente a un medico – un oculista e un genetista, solitamente – che, tramite gli esami e le analisi del caso, riesca ad arrivare a una corretta diagnosi per intraprendere la terapia più efficace: le conseguenze della retinite pigmentosa possono, infatti, essere estremamente gravi e portare alla cecità. La diagnosi della retinite pigmentosa è affidata all’esame del fondo dell’occhio, all’esame del campo visivo e all’elettroretinogramma, oltre che ad analisi di tipo genetico. La malattia può essere diagnosticata sin dall’infanzia e dall’adolescenza. Utili sono anche la fluoroangiografia e l’esame del visus, che permette di valutare l’acutezza visiva nella parte centrale della retina.
Le cure
Purtroppo non esistono ancora rimedi definitivi e la terapia che è possibile intraprendere serve solo a rallentare il processo degenerativo: la cura per la retinite pigmentosa, al momento, non permette, infatti, di arrestare lo sviluppo della malattia o di guarire. Tuttavia, la ricerca scientifica ha considerato varie possibilità, come le terapie geniche, i trapianti di retina, la retina artificiale e, non ultima, anche una cura basata sulle cellule staminali. Sono moltissimi i protocolli terapeutici che mirano ad ottenere un effetto sul metabolismo dei fotorecettori ma, fino a questo momento, non si sono avuti risultati decisivi. Secondo alcune ricerche, si potrebbero ottenere risultati efficaci con una terapia a base di ossigeno, perché quest’ultimo ridurrebbe il tasso di morte cellulare dei fotorecettori. Secondo uno studio condotto dall’Università di Milano, dal CNR e dall’Università di Pisa, un nuovo farmaco sotto forma di collirio potrebbe essere un aiuto contro la retinite pigmentosa. In ogni caso, è bene ricordare l’importanza di un intervento tempestivo per cercare di rallentare il decorso della malattia – è impossibile recuperare il deficit visivo – che può portare alla perdita totale della vista. È, inoltre, consigliabile proteggere gli occhi dalla luce del sole, evitare cattive abitudini che possano rovinare la vista e ottenere un supporto psicologico per affrontare al meglio il percorso di questa patologia.
La dieta
Infine, secondo alcuni studi, un ruolo importante pare sia svolto anche dalla dieta: sono, infatti, stati riscontrati benefici – nello specifico, un rallentamento nel decorso della perdita della vista – nei pazienti che seguivano un’alimentazione ricca di acidi grassi Omega-3 – il pane ai semi di lino ne è ricco – e vitamine A ed E. Anche in questi casi, però, è opportuno essere seguiti da specialisti, in quanto un elevato consumo di tali sostanze potrebbe rivelarsi dannoso sia per la salute che per la retinite pigmentosa stessa.