Pacemaker al cuore: cos’è, intervento e tipi. Il pacemaker è un piccolo dispositivo che viene impiantato nel torace e che ha una duplice funzione: da un lato, permette di tenere sotto controllo le anomalie del battito cardiaco, dall’altro aiuta il cuore a battere ad un ritmo regolare, servendosi degli impulsi elettrici. Il pacemaker cardiaco, quindi, serve a rimediare alle aritmie, tutti quegli episodi in cui il cuore batte in maniera irregolare, troppo velocemente o troppo lentamente. Ma quali sono le tipologie di pacemaker? Ci sono controindicazioni, effetti collaterali o rischi? Scopriamo di più in merito.
Cos’è
Cos’è il pacemaker al cuore? Il pacemaker è un dispositivo elettronico che viene impiantato nel corpo per poter normalizzare il ritmo cardiaco alterato da disturbi o malattie al cuore, tramite impulsi elettrici adeguati: ad esempio, malattie come la fibrillazione atriale, la bradicardia, o l’insufficienza cardiaca.
Un pacemaker è composto da tre parti, ovvero da una batteria, da un generatore ad impulsi computerizzato che si trova all’interno di un contenitore di metallo e da uno o più cavi chiamati “elettrocateteri”: la batteria fornisce energia al generatore ad impulsi, che è ciò che emette i segnali elettrici che normalizzano il battito cardiaco alterato; mentre, gli elettrocateteri sono dei collegamenti che uniscono il generatore al cuore, permettendo la trasmissione dei segnali.
Impiantare un pacemaker nel corpo è una procedura abbastanza semplice e non è, inoltre, richiesta una preparazione particolare, a parte il digiuno e l’assistenza post-intervento.
Simile al pacemaker, è il defibrillatore cardioverter impiantabile: oltre ad emettere degli impulsi elettrici di lieve intensità, questo dispositivo, però, può emetterne anche di più forti per curare aritmie più gravi.
Esistono, inoltre, dei pacemaker di ultima generazione, in grado di monitorare ritmo respiratorio, temperatura del sangue e altri fattori, così da adeguare il battito all’intensità dell’attività fisica.
Il cuore
Il cuore è un organo formato dal miocardio, il tessuto muscolare che ha la capacità di generare da sé gli impulsi per la contrazione di ventricoli e atri: il generatore di tali impulsi è collocato a livello dell’atrio destro del cuore, ovvero il nodo seno atriale che ha il compito di garantire la giusta frequenza di contrazione del cuore e la corretta irrorazione sanguigna.
Il ritmo cardiaco normale o ritmo sinusale è di 60-100 battiti al minuto, per cui la sua alterazione viene detta “aritmia cardiaca”: questa può essere più lenta, più veloce o irregolare. Nella tabella seguente, vediamo la frequenza cardiaca normale, in base all’età.
Età | Frequenze cardiache (bmp) |
---|---|
1-2 giorni | > 159 |
3-6 giorni | > 166 |
1-3 settimane | > 182 |
1-2 mesi | > 179 |
3-5 mesi | > 186 |
6-11 mesi | > 169 |
1-2 anni | > 151 |
3-4 anni | > 137 |
5-7 anni | > 133 |
8-11 anni | > 130 |
12-15 anni | > 119 |
>15 anni | > 100 |
Attraverso il ventricolo e l’atrio di destra passa il sangue non ossigenato, che deve essere pompato verso i polmoni; attraverso l’atrio e il ventricolo di sinistra, invece, scorre il sangue ossigenato che va pompato verso gli organi e i tessuti del corpo. Regolano il flusso di sangue, le valvole cardiache.
Le tipologie
Esistono diverse tipologie di pacemaker, in base al numero di elettrocateteri e a dove questi si uniscono al cuore.
Il pacemaker monocamerale
Il pacemaker monocamerale è un apparecchio dotato di un solo elettrocatetere, il quale viene collegato al ventricolo destro o all’atrio destro.
Il pacemaker bicamerale
Il pacemaker bicamerale vanta la presenza di due elettrocateteri: un elettrocatetere è collegato all’atrio destro del cuore; mentre, il secondo è connesso al ventricolo destro.
Il pacemaker biventricolare
Il pacemaker biventricolare è composto da ben tre elettrocateteri: uno dei tre è legato all’atrio destro del cuore; uno al ventricolo destro e l’altro al ventricolo sinistro.
Il pacemaker temporaneo
Il pacemaker temporaneo è, generalmente, utilizzato per problemi temporanei, come il rallentamento del battito determinato da un infarto o da un intervento chirurgico. Inoltre, questa tipologia può essere impiegata anche nelle situazioni di emergenza, in attesa di un pacemaker definitivo o finché il disturbo transitorio non cessa. Se i disturbi cardiaci sono passeggeri e reversibili, questo dispositivo rappresenta una soluzione indicata.
Il pacemaker definitivo
Il pacemaker definitivo è impiegato per tenere sotto controllo i disturbi cardiaci che durano a lungo, come le aritmie cardiache destinate a durare nel tempo, la bradicardia, l’insufficienza cardiaca, le malattie del nodo seno atriale, la fibrillazione atriale e il blocco atrio-ventricolare.
Il pacemaker esterno
Il pacemaker esterno viene utilizzato, essenzialmente, nei casi di urgenza oppure può essere impiantato direttamente all’interno del corpo, come un classico pacemaker, durante un’operazione chirurgica: generalmente, viene installato sotto la pelle nella zona superiore destra del torace.
Gli esami
Prima dell’intervento, è importante effettuare alcuni esami per stabilire se l’impianto di un pacemaker è la soluzione migliore o meno, delineando le condizioni di salute del cuore e la gravità dei disturbi. Tra gli esami diagnostici da eseguire, ci sono:
- Elettrocardiogramma (ECG): esame abbastanza semplice, che misura l’attività elettrica del cuore tramite l’applicazione, sul torace e sugli arti, di alcuni elettrodi.
- Ecocardiogramma: esame ecografico che descrive l’anatomia del cuore, identificando eventuali difetti delle valvole cardiache, problemi di gittata cardiaca, malformazioni del miocardio e simili.
- Holter cardiaco: conosciuto anche come “elettrocardiogramma cardiaco secondo Holter”, questo esame funziona come un normale ECG con la differenza che il cuore viene monitorato per 24-48 ore.
- Test da sforzo: si tratta di una prova da sforzo semplice per valutare come lavora il cuore durante un’attività fisica.
La preparazione
La preparazione all’intervento è molto semplice, trattandosi di un intervento in anestesia locale.
Si dovrà, quindi, essere a completo digiuno dalla sera precedente.
È importante farsi riaccompagnare a casa da un parente o un amico di fiducia, al momento delle dimissioni: l’uso degli anestetici rallenta i riflessi e crea confusione, per cui è importante non guidare.
L’intervento
L’intervento per il pacemaker viene effettuato in anestesia locale, iniettando i farmaci anestetici in corrispondenza del punto in cui verranno inseriti elettrocateteri e pacemaker. Vengono, inoltre, iniettati i farmaci per la sedazione.
L’intervento prevede la pratica di un’incisione di 3 o 4 centimetri nella zona sottoclavicolare dove, in una vena, viene inserito – attraverso il ricorso ai raggi X – l’elettrocatetere per, poi, posizionarlo nell’atrio o nel ventricolo destro, in base al tipo di impianto: per poterlo indirizzare verso il cuore, dovrà portare con sé un liquido di contrasto visibile ai raggi X.
Con una serie di test elettrici, si verifica il corretto posizionamento del dispositivo, che andrà inserito poco più in basso della clavicola.
Una volta eseguiti i vari collegamenti, si procede con la programmazione del dispositivo, che avverrà tramite uno strumento computerizzato. Di solito, l’intervento dura dai 30 ai 90 minuti.
Dopo 48 ore – durante le quali si monitorerà la corretta programmazione del pacemaker – il paziente potrà lasciare l’ospedale e portare con sé un’apposita tessera, che contiene le indicazioni dettagliate sul pacemaker e sui controlli a cui sottoporsi. La tessera dovrebbe essere portata sempre con sé.
La convalescenza
La convalescenza dopo l’intervento di pacemaker dovrà prevedere alcune precauzioni.
Per alcuni giorni, potrebbe capitare di avvertire fastidio nella zona in cui è stato impiantato il pacemaker, ma si tratta di solito di un dolore non molto intenso: in caso di dolore per via dell’incisione sottocutanea, è possibile assumere dei farmaci antidolorifici, come l’ibuprofene o il paracetamolo e dei farmaci antibiotici per la prevenzione di infezioni.
Durante il primo mese successivo all’operazione, è consigliabile evitare sforzi eccessivi.
La visita di controllo
Dopo l’intervento chirurgico, sarà necessario effettuare una visita di controllo, ogni 3 mesi circa: ciò servirà a controllare il pacemaker che potrebbe smettere di funzionare correttamente, magari per i cavi che si spostano o si rompono, per la batteria scarica o per altre ragioni.
Le controindicazioni
Ci sono alcune controindicazioni e rischi legati al pacemaker da tenere presenti, sebbene il rischio di complicazioni ed effetti collaterali dopo l’intervento sia minimo. Come ogni operazione chirurgica, l’impianto di pacemaker può dare origine a:
- Infezioni di vario genere, nel punto cui viene inserito il pacemaker;
- Reazioni allergiche al liquido di contrasto o ai farmaci anestetici utilizzati;
- Collasso polmonare;
- Danni ai vasi sanguigni o ai nervi, per l’inserimento degli elettrocateteri e del pacemaker;
- Lesioni emorragiche del miocardio;
- Gonfiori ed ematomi, dove si trova il pacemaker.
Ricordate che alcuni strumenti elettronici o dispositivi che producono campi magnetici possono interferire con il pacemaker e alterarne il funzionamento: ad esempio, gli smartphone, gli elettrodomestici o alcune procedure medico-diagnostiche, come la risonanza magnetica o la radioterapia, per cui evitate di avvicinarvi troppo e non dimenticate di comunicare la presenza di pacemaker, prima di ogni esame diagnostico e ai controlli all’aeroporto. Ad ogni modo, le probabilità di disturbo dipendono dalla lunghezza dell’esposizione e dalla vicinanza dell’apparecchiatura al pacemaker.
Nella maggior parte dei casi, il pacemaker non provoca particolari limitazioni per quanto riguarda l’attività fisica, ma è meglio evitare gli sport di contatto, ad esempio il calcio.
Inoltre, per quanto riguarda la durata della batteria del pacemaker, questa sarà dai 5 ai 15 anni circa: andrà, quindi, cambiata tramite un intervento chirurgico semplice e rapido, che vi comunicherà il medico durante le visite di follow-up.
Infine, è molto importante seguire le misure precauzionali che vi fornirà il cardiologo, oltre a recarsi periodicamente ai controlli del dispositivo.