Retina artificiale per recuperare la vista: gli studi

E' italiano il primo prototipo di una retina artificiale ad alta biocompatibilità, capace di mimare il funzionamento della retina naturale: una futura opzione contro i difetti di questo tessuto

retina artificiale
Foto di Tobias D / Pixabay.com

Nel campo delle bio-tecnologie, si punta a creare materiali artificiali che possano sostituire i tessuti umani. Un grande successo in questo senso, a livello nazionale, è stato recentemente ottenuto dal Dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie (NBT), dal Centro di Nanoscienze e Tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e dal Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano: la creazione di un prototipo di retina artificiale. Anche in America, però, si fanno passi da gigante: scopriamo i nuovi spiragli per il futuro.

Lo studio italiano

Scopo dei ricercatori era trovare una soluzione a quei problemi di malfunzionamento della retina che possono determinare conseguenze più o meno gravi alla vista,dal daltonismo alla cecità. E farlo con un tessuto paragonabile, per efficienza, alla retina naturale.

E così hanno realizzato un tessuto usando un particolare materiale organico semiconduttore (chiamato rr-P3HT:PCBM) che è capace di captare gli impulsi luminosi convertendoli in corrente elettrica che va poi ad attivare neuroni.

Sono quindi, riusciti, a mimare, di fatto, quello che la nostra retina fa naturalmente attraverso i fotorecettori (i coni e i bastoncelli) in essa presenti, che captano e convertono i segnali luminosi in stimoli elettrici che vengono inviati al cervello attraverso il nervo ottico. Un successo se si considera che questo prototipo non solo si comporta come il tessuto naturale, ma riesce a interagire con i tessuti circostanti, cosa che, stando ai ricercatori, non era finora riuscita agli impianti artificiali, realizzati con materiali inorganici, come metalli e silicio.

“Questo approccio rappresenta un’importante alternativa ai metodi utilizzati fino ad oggi per ripristinare la capacità fotorecettiva dei neuroni” precisa il professor Fabio Benfenati, direttore del Dipartimento NBT. “Inoltre, utilizzando il tipo di interfaccia creato dal nostro gruppo, è possibile ottenere un effetto della stimolazione luminosa estremamente localizzato, riproducendo la risoluzione spaziale della retina”. La strada verso una retina artificiale ad alta biocompatibilità ed efficiente come quella umana è, quindi, ufficialmente aperta. E forse i chip che si stanno studiando per i problemi della vista potrebbero in futuro non servire più.

La ricerca americana

Il gruppo di studiosi del dipartimento di Oftalmologia della Stanford University School of Medicine, guidati dal dottore Daniel Palanker, ha condotto una ricerca che ha avuto come risultato la scoperta della protesi, come accennato sopra. Pochi giorni fa sulla rivista Nature Photonics sono stati pubblicati i risultati dello studio americano. Sino ad ora i test sono stati eseguiti sui topi, precisamente sui tessuti retinici sia sani che non prelevati dagli animali. In cosa consiste la protesi? È costituita da una parte esterna e da una interna. Quella esterna è costituita da un paio di occhiali speciali dotati di una microcamera e da un sistema che riesce a proiettare le immagini reali su un display a cristalli liquidi posto sul retro delle lenti. Le immagini prese dalla realtà vengono proiettate tramite luce pulsata nella lunghezza d’onda del quasi infrarosso e non mediante la luce normale. La parte interna viene impiantata nella retina, e consiste in un microchip di circa 3 mm di diametro, che riesce a convertire la luce in stimolo elettrico, che raggiunge il cervello, e permette ai pazienti affetti dalle gravi patologie, viste sopra, di vedere.
I risultati ottenuti sono veramente strabilianti che fanno ben sperare i numerosi pazienti. Nonostante la positività dei test, sino ad ora, ottenuti sugli animali, gli esperti, compresi gli autori dello studio americano sono ancora un po’ increduli. Infatti, sino a quando non si inizieranno le ricerche e i test sull’uomo le vere e proprie capacità di questo nuovo sistema non sono al 100% chiare. Come accennato prima i dispositivi attualmente disponibili presentano dei difetti, come l’impossibilità di vedere i colori. Gli scienziati americani sperano che si possano iniziare il prima possibile gli studi sull’uomo in modo da poter scoprire se il nuovo sistema sia veramente indispensabile per riacquistare la capacità visiva (che sicuramente non sarà mai come una visione normale ma comunque indispensabile) persa a causa delle patologie che colpiscono la retina.