Quando ti lavi i denti provi del dolore? Sono macchiati e sembrano ruvidi? Allora potresti soffrire dei denti di gesso.
Questa malattia si sta diffondendo soprattutto tra i bambini e gli adolescenti, come avvertono i dentisti.
La sindrome dei denti di gesso, nota anche come ipomineralizzazione incisiva molare, è molto fastidiosa. I denti fanno male quando si mangia, si beve o si lavano e fanno male anche con bevande molto calde o fredde.
Hanno anche un aspetto estetico molto brutto: hanno solchi e talvolta sono di colore biancastro, giallastro o addirittura brunastro.
La malattia dei denti di gesso colpisce soprattutto i bambini e gli adolescenti
La “Società tedesca per la medicina dentale, orale e maxillofacciale” (DGZMK) avverte che questa malattia tra i bambini, dal 2018 ad oggi, sia aumentata addirittura del 15%.
I denti di gesso non sono solo antiestetici e dolorosi, la superficie ruvida li rende anche particolarmente suscettibili alla carie.
Quali sono le possibili cause dei denti di gesso?
I denti di gesso si verificano quando la mineralizzazione dello smalto dei denti è disturbata. La ragione di ciò non è ancora del tutto chiara.
Le tossine ambientali come il bisfenolo A (BPA), che vengono ingerite con il cibo sembrano svolgere un ruolo chiave nello sviluppo di questa malattia.
Ma altre cause ipotizzabili sono anche problemi durante la gravidanza, malattie infettive, antibiotici, varicella.
Una delle cause di questa malattia potrebbe essere l’assunzione di antibiotici.
Il prof. Dott. Christoph Straub ha dichiarato: “La prescrizione di antibiotici ha una connessione riconoscibile con la presenza di denti di gesso. Tuttavia, non è ancora chiaro come funzioni esattamente questa interazione. Sono necessarie ulteriori indagini”.
Secondo una nuova ricerca il problema si innescherebbe quando lo smalto in via di sviluppo viene contaminato dall’albumina.
“Abbiamo dimostrato che l’albumina penetra occasionalmente nei punti deboli, legandosi ai cristalli di smalto minerale e bloccandone la crescita. Non è un problema a livello di sistema, ma molto localizzato“, afferma Mike Hubbard, professore all’Università di Melbourne e primo firmatario dello studio.
Al momento è impossibile prevenire questo problema, ma questa ricerca è un passo avanti verso l’eliminazione di questo disturbo.