I medici di base sono nella maggior parte dei casi il primo contatto a cui si rivolgono le persone in caso di problemi di salute. Non ha fatto eccezione il Covid: durante la prima ondata soprattutto, molti pazienti si sono rivolti a loro spesso in preda al panico, non avendo piena consapevolezza della malattia. Questo sovraccarico di lavoro, ha portato inevitabilmente questa categoria di dottori ha subire forti pressioni, con conseguenze sulla loro salute fisica e psichica.
Poiché l’Italia è stato uno dei primi paesi che ha visto il diffondersi della pandemia, è stato deciso di studiare l’impatto della prima ondata sui medici di famiglia. A condurre la ricerca il professor Lorys Castelli dell’Università di Torino che ha coordinato i lavori del gruppo ReMind the Body, avvalendosi della collaborazione di un altro gruppo di ricerca, il Ricerca ed Innovazione Medicina Generale di FIMMG Piemonte coordinato dalla dottoressa Alessandra Taraschi.
Pubblicato sul Journal of Affective Disorders, lo studio ha analizzato dal 28 aprile e il 10 maggio, uno dei momenti più delicati della prima ondata, la situazione mentale di 246 medici di medicina generale attivi in Piemonte e facenti parte Federazione Italiana Medici di Famiglia. Sono stati monitorate ansia e depressione ma anche eventuali sintomi di stress post-traumatico.
Covid: un impatto traumatico sui medici di base
È emerso che la pressione a cui sono stati sottoposti, l’incapacità all’inizio di rispondere a tutte le domande dei pazienti e agire di conseguenza, l’impossibilità di mettere in sicurezza famiglie e pazienti hanno avuto come effetto che molti medici di base accusassero sintomi di ansia e depressione, soprattutto donne e giovani.
Il 37% dei medici monitorati ha riscontrato sintomi depressivi, il 32% quelli del disturbo da stress post-traumatico e il 75% quelli dell’ansia a vari livelli di gravità.
Queste percentuali così elevate sono da ricondursi al fatto che la categoria dei medici di base all’inizio del diffondersi del Coronavirus non sia stata supportata adeguatamente nella gestione della collettività e della preoccupazione della popolazione.
Mancanza dei dispositivi (non inviati al 41% del campione) e di una linea guida da parte delle autorità competenti sulla gestione dell’emergenza (46%) e dei pazienti Covid (61%) ha fatto sentire la categoria fosse sostanzialmente abbandonata a se stessa, dovendo fronteggiare un problema troppo grande e in rapida evoluzione negativa.