Mai più amputazioni? una nuova tecnica chirurgica, "salva arti"

Una nuova tecnica chirurgica australiana darebbe speranza a quei pazienti che rischiano di perrdere un arto a causa di gravi malattie

Articolo aggiornato il 28 Settembre 2007

Una nuova tecnica chirurgica australiana darebbe speranza a quei pazienti che rischiano di perrdere un arto a causa di gravi malattie
Dio solo sa quanto traumatica sia l’amputazione di un arto, spesso conseguenza di uno stato di gangrena, dovuta a scarsa vascolarizzazione o alterata irrorazione sanguigna; le malattie che possono provocare il grave problema non mancano, vasculopatie, stati avanzati di diabete scompensato, soltanto per citarne alcune.
Ma oggi, la medicina parrebbe aprire nuovi orizzonti terapeutici anche per quei pazienti che accusano questi problemi, anche se, trattandosi di tecniche nuovissime, un minimo di cautela non guasta mai,prima di gridare al… miracolo! ciò per evitare di alimentare dannose speranze in chi è affetto da una patologia che richiede, come ultimo stadio, proprio l’amputazione.
La nuova tecnica proviene dall’Australia, dove un gruppo di chirurghi vascolari, con a capo il professore Rodney Lane, dell’ospedale Royal North Shore di Sidney, avrebbe sperimentato, a quanto pare con successo, una nuova tecnica chirurgica che consiste in una speciale pompa che immette sangue ad alta pressione direttamente nel circolo dell’arto che sta ingangrenendosi. Tale procedura rivoluzionaria, avrebbe salvato la gamba ad un paziente di 52 anni che, a seguito di una vasculopatie grave, rischiava di perdere l’arto, dal ginocchio in giù, come più volte palesatogli dai medici che lo hanno avuto in cura da oltre tre anni.
Il grave stato cui soffriva il paziente era provocato da una quasi chiusura totale del flusso sanguigno a livello delle arterie che passano sotto al ginocchio, col risultato di rendere ischemica la porzione dell’arto e, dunque, fredda e pallida. La tecnica, portata avanti dal professore Lane, consiste nel prelevare il sangue che irrora la gamba facendolo transitare in una speciale pompa che ne aumenta la pressione, per poi trasferirlo, con forza, direttamente nell’arteria con la conseguenza di mantenere irrorato, sufficientemente, il tessuto. Per evitare il ritorno ematico verso il cuore, una speciale valvola, collegata ad un particolare palloncino, chiude il circolo di ritorno.
Il professore Lane ha anche spiegato che, mediante un sofisticato congegno, è stato possibile ripetere il trattamento dopo qualche giorno, ricollegando il sistema di tubi e pompa previsti per la prima applicazione. Secondo l’equipe chirurgico-vascolare australiana, l’intervento, che consente di risparmiare amputazioni agli arti, sarebbe esportabile su un numero indefinito di pazienti che si trovano nelle stesse condizioni del primo a cui è stato applicato, tant’è che, secondo gli studiosi, un gruppo di almeno 50 sofferenti ed a rischio amputazione, sarebbe in lista per essere sottoposto al delicato intervento di…. “salvataggio” dell’arto.
Insomma, stando così le cose, parrebbe di intendere che il connubio farmacologico e chirurgico nello scongiurare la perdita degli arti potrebbe funzionare, soprattutto quando la rivoluzionaria tecnica dovesse essere adottata anche in altri reparti ospedalieri in tutto il mondo e rientrare, come accaduto tante altre volte, per altri innovatori trattamenti, nel protocollo terapeutico da seguirsi per patologie che abbiano, come ultimo trattamento, proprio l’amputazione chirurgica dell’arto, non più e in nessun altro modo, salvabile.

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