Linfoma diffuso a grandi cellule B: la Commissione Europea ha approvato una nuova terapia

Un'importante passo avanti per la cura di un linfoma aggressivo che oggi non ha ancora una cura adeguata

Linfoma diffuso a grandi cellule B: la Commissione Europea ha approvato una nuova terapia
Foto Unsplash | Louis Reed

Per chi è affetto da linfoma diffuso a grandi cellule B, noto anche come linfoma non-Hodgkin, c’è un’importante buona notizia, ovvero che la Commissione Europea ha approvato la commercializzazione di un trattamento per curare i casi più recidivi e non idonei al trapianto autologo di cellule staminali.

Il farmaco è stato realizzato da due aziende farmaceutiche, la MorphoSys e Incyte, che insieme lo hanno sviluppato e che lo produrranno a livello mondiale dopo che già il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) e l’Agenzia Europea per i medicinali (Ema) avevano già dato il loro ok lo scorso giugno, mentre la Fda statunitense lo aveva dato già nel luglio 2020. Si tratta di una cura a base di tafasitamab in combinazione con lenalidomide, seguito da tafasitamab in monoterapia: dai test eseguiti la risposta nei pazienti è stata ottima.

Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il tipo più comune di non-Hodgkin negli adulti, ovvero corrisponde al 40% dei casi ed è molto aggressivo, con masse in rapida crescita di cellule B maligne nei linfonodi, nella milza, nel fegato, nel midollo osseo o in altri organi. Spesso i pazienti non rispondono alle terapie e non esistono ancora cure abbastanza efficaci che vadano a aiutare i pazienti. Le opzioni di trattamento sono molto limitate, per questo c’è una grande urgenza di nuove proposte, che parte dalla commercializzazione del tafasitamab: questa nuova terapia potrebbe spianare la strada ad altre cure, fornendo una risposta ai malati.

Pier Luigi Zinzani, responsabile del Lymphoma Group dell’Università di Bologna, ha dichiarato che i dati dimostrano i potenziali benefici, inclusi la lunga durata della risposta, che tafasitamab potrebbe avere per i pazienti con Dlbcl idonei al trattamento. È incoraggiante constatare che per questi pazienti diventano disponibili nuovi trattamenti, soprattutto considerata la storica mancanza di opzioni terapeutiche in quest’area.