Articolo aggiornato il 17 Gennaio 2008
Noi, uomini e donne moderni, un po’ sospettosi col passato, ammettiamo quanto arduo e, a volte, costellato di incertezze sia stato il tempo degli avi e preferiamo crogiolarci con le nostre scoperte scientifiche, con i nostri agi e vantaggi che la scienza ha portato sempre più vicino e che ci hanno anche impigrito, abituati come siamo ad avere le risposte a tutte le nostre domande in tempo reale, magari sfruttando gli studi di qualcuno o, nell’era della tecnologia avanzata, cercando risposte su internet.
Eppure, se ci soffermiamo a pensare un po’, scopriamo che noi, uomini e donne del nostro tempo, non siamo felici più di quanto lo fossero i nostri avi dai quali discendiamo e ciò perché, di più vorremmo sapere, nell’affannosa ricerca dell’elisir di lunga vita e a poco serve apprendere che viviamo dieci, venti anni, mediamente di più di quanto accadeva un tempo, miriamo a ben altro, alla guerra definitiva alle malattie, soprattutto quelle che ci angosciano di più e mal sopportiamo l’idea che si possa morire per qualcosa che definiamo banale e chissà, che non vorremmo puntare all’immortalità.
Nel lontanissimo ‘500, nell’epoca infarcita di incantesimi, di magia e di astrologia, ci si meravigliava di fronte alla fenice, la pianta che rinasceva dalle proprie ceneri e si dava importanza alla pietra filosofale, che trasformava i vili metalli in oro e tutto ciò che era incomprensibile era magico e poco o nulla poterono gli alchimisti cercando di dimostrare che è presupposto della natura ricreare tutto e nulla distruggere, che fa parte delle cose assistere a cambiamenti per via delle reazioni chimiche spesso previste proprio in virtù del fatto che la maggior parte si svolgono proprio in natura. Ma oggi, che viviamo nell’era della tecnologia avanzata, che abbiamo sconfitto malattie un tempo inguaribili e forieri di drammi immani, pensiamo alle epidemie, alle infezioni, in epoca recente e attuale, debellate dagli antibiotici, che cosa pretenderemmo di più, cosa ci inquieta maggiormente rispetto ai dilemmi che angosciavano il nostro avo di mezzo millennio fa, cosa ci accomuna con lui? La ricerca, anche noi siamo alla ricerca di un elisir o di un surrogato di esso, che ci faccia vivere più a lungo e le premesse per giungere a ciò, in effetti ci sarebbero tutte, si pensi alla ricerca scientifica avanzata, con le cellule staminali, con la biologia molecolare e la bioingegneria, eppure, la nostra epoca vive una fase di mezzo che inquieta e non poco i nostri contemporanei. Da un lato, infatti, ci sentiamo infallibili, potenti, in grado di dominare la natura in tutti gli aspetti, malattie comprese, dall’altro ci sentiamo fallibili e miserevoli di fronte a patologie che pensavamo scomparse e che quando si palesano, a volte ci fanno rabbrividire, pensiamo soltanto alle preoccupazioni causate dalla meningite quest’anno.
Ecco perché,siamo sempre alla ricerca del famoso elisir di lunga vita, quello che ci affranchi, dalle malattie e dalla vecchiaia in via definitiva e che richiediamo,alla scienza, ancora senza riuscirci. Eppure, attorno alle notizie di mirabilie scientifiche la novità seguita ad un congresso di scienziati riunitesi all’Università di Yale, dove sono confluiti ricercatori canadesi ed irlandesi, ci destabilizza,perché dai loro dossier, è emerso che l’elisir di lunga vita,consiste di tre, quattro semplici mosse che, detto così, più che farci ridere, finisce per indispettirci.
Ciò in quanto, gli scienziati riunitosi a congresso, hanno concluso che, per vivere cinque anni di più, basterebbe la compagnia della famosa anima gemella, atteso che un’unione riuscita apporta benessere alla salute quantizzata in almeno ulteriori cinque anni di vita, ma non basta, altri sei anni ce li assicuriamo con la compagnia contestuale di un animale fedele e quale animale più del cane ha nel suo DNA la fedeltà verso l’uomo.
Dunque, conti alla mano, undici anni di vita in più ce li saremmo assicurati con due semplici punti. Ma c’è di più, se vogliamo aumentare ancora la durata della vita, pensiamo ad un decennio o giù di lì, ecco un’altra mossa, ritirarci in campagna, mangiare prodotti sani della natura, fare regolare esercizio fisico, senza strafare, bandire ogni droga, rinunciare al fumo di sigaretta, evitare l’eccesso ponderale e le cattive abitudini. Ma c’è di più, se a tutti questi sani principi aggiungiamo il sesso, farlo in maniera regolare almeno tre volte alla settimana,ci fa racimolare, altri anni che, sommati ai primi, fanno 27 anni in più della nostra vita e, stando così le cose, non è detto che ci saremmo annoiati, anzi.
Sarà così? a Yale ci credono davvero e noi, siamo pronti a scommettere che alla nota università hanno ragione?