Così ci alimentiamo di leggende metropolitane noi uomini e donne moderni, basta che qualcuno lanci un piccolo o grande allarme sulla salute e, fateci caso, il giorno dopo tutti i giornali ne discutono animatamente, con autorevoli pareri scientifici dibattuti qua e là a gran voce e sembra che tutto ruoti sull’evento in quel momento in auge, fermo poi, passata l’impressione iniziale, tornare tutto normale come prima.
Ma ci sono leggende che resistono nel tempo e che nascono e si alimentano di bocca in bocca su luoghi comuni duri a morire, un esempio, quello che ammonisce, col piglio scientifico, sul fatto di non leggere a luce bassa e insufficiente, perché farebbe male alla vista. Non c’è nessuna evidenza medica su quella che è sola una credenza popolare alimentatasi negli anni, perché se è vero che leggendo a luce bassa si sforzano i muscoli per regolare la messa a fuoco, da qui a dire che questo danneggi gli occhi, ce ne passa. Eppure, ne siamo convinti e lo ribadiamo con puntuale monotonia a figli e quanti notiamo leggere a luce bassa.
Ma questo non è che uno dei tanti luoghi comuni che finiscono per alimentare leggende anacronistiche, al punto che c’è chi s’è presa la briga di raccogliere in una sorta di dossier di luoghi comuni da abbattere una volta per tutte, come fatto dall’autorevole British Medical Journal, una sorta di punto di riferimento nell’ambito della letteratura scientifica, che ha scovato decine di leggende, alcune delle quali, a tutti noi, molto note.
Ad esempio, bere otto bicchieri di acqua al giorno leverebbe il medico di torno, falso, perché la quantità di liquidi da ingerire è così dipendente dall’individuo, dalla contigenza in cui ci si trova, dall’ambiente e via discorrendo, che 8 bicchieri sono una quantità che non indicano e non regolano per niente il fabbisogno idrico individuale.
Anche il fatto che per giustificare la nostra ignoranza su tutte le facoltà e possibilità offerte dal cervello, si dica che di quest’organo si utilizzi soltanto una infinitesimale parte, di non oltre il 10% del totale della massa cerebrale, è una fandonia che, a distanza di oltre un secolo da quando fu enunciata, avrebbe dovuto essere corretta sulla base delle nuove e ormai entrate nell’uso quotidiano tecniche di indagini strumentali, che non hanno mai evidenziato aree cerebrali inattive e altri iperattive.
E che dire della paura di molte donne a radersi col rasoio convinte che i peli nati dopo la rasatura nascerebbero irti e difficili, domani, da estirpare. Nulla di più falso, il pelo rinasce come prima, dopo la rasatura, né più robusto, né più gracile e, dunque, se dovrà essere il rasoio imputato della formazione della “barba” sulle lisce gambe delle ragazze, sarebbe l’ora di assolverlo, una volta per tutte, l’utile strumento capace di liberarci dai peli superflui con pochi sforzi.
Esiste, inoltre, un’altra leggenda da sfatare, anche se da noi, per la verità non ha mai fatto molta presa, altrove, vedi gli Stati Uniti, invece, è un luogo comune di granitica convinzione da parte di tanti, alcuni medici,compresi e che vorrebbe che la carne di tacchino indurrebbe una leggera, a volte anche fastidiosa sonnolenza. Nessuno però si chiede se l’ intorpidimento post prandiale dopo abbondante libagione di carne di tacchino, non sia dovuta più allo sforzo dell’apparato digerente di veicolare più sangue possibile a favore della digestione e a scapito del cervello, con conseguente stato di obnubilamento, piuttosto che a causa del triptofano contenuto nella carne di tacchino, perché, vero è che, che tale amminoacido partecipa ai processi di coinvolgimento del sonno, ma la quantità contenuta nella carne del volatile in questione non è significativa per propendere per una sorta di…. ipnosi da… tacchino.
Altra leggenda,“dura a morire”, per’altro un po’ macabra, vorrebbe che, post-mortem, unghia, capelli e barba, per gli uomini, continuino a crescere. La leggenda è, sicuramente, dura a morire,eppure,la morte blocca tutti i processi di crescita dei tessuti, nessuno escluso; ma c’è chi giura di aver constatato le unghia dei defunti più lunghe a distanza di ore dal decesso,magari questo aiuterà i congiunti a credere che non si muore del tutto col trapasso, ma, ahimè, non è così; c’è un’altra spiegazione, più amara e che è spiegabile col raggrinzimento della pelle che contorna l’orletto ungueale,nel caso delle unghia, ad esempio, la cui retrattilità darebbe quell’impressione, per’altro, tanto amaramente suggestiva, di crescita di alcuni tessuti.
Ultima leggenda, almeno fra quelle raccontateci dalla rivista scientifica inglese, da abbattere e soprattutto da estendere a medici e personale paramedico degli ospedali che vietano l’utilizzo dei cellulari all’interno degli ospedali, proprio nei luoghi in cui, più che altrove, c’è necessita di comunicare con l’esterno, informando, eventualmente, parenti ed amici di un fatto spiacevole accaduto o dell’esito di un intervento medico e che vorrebbe che l’utilizzo di apparati di telefonia mobile danneggerebbe, irrimediabilmente, a volte, le apparecchiature elettromedicali di ospedali, pronto soccorso e ambulatori medici. Anche questo è infondato,tale propensione che alimenta questa inopportuna leggenda è dovuta al fatto che si adducono eventuali danni a causa delle onde elettromagnetiche dei telefonini. Eppure, è scientificamente provato il contrario, ovvero, che tale interferenze sono tanto basse da non causare danno alcuno.
Eppure, come si vede, è più facile morire, dando l’impressione di continuare a vivere,“continuandoci a farci crescere le unghie e i capelli” che far morire tanti luoghi comuni che oggi, con le attuali conoscenze raggiunte, non avrebbero più, davvero, motivo di esistere!
Leggende mediche metropolitane: dure a morire!
Troppe leggende metropolitane dure a morire, ma oggi a sconfessarle ci pensa un'autorità della letteratura scientifica
