Ipertrofia prostatica: le cure più efficaci secondo l'esperto

[veedioplatform code=”d985d01a55d68772070c82a6455341bb” type=”related”] Cos’è l’ipertrofia prostatica? Conosciuta anche come “adenoma prostatico”, si tratta di una patologia in grado di provocare l’ingrossamento benigno della prostata, che si manifesta spesso dopo i 50 anni di età, soprattutto tra i 60 e gli 80 anni. Le cause dell’ipertrofia prostatica sono ancora sconosciute, ma potrebbe essere provocata dall’avanzare dell’età: si pensa, infatti, che possa essere implicato il cambiamento dell’equilibrio ormonale, il quale potrebbe favorire l’aumento di dimensioni della ghiandola prostatica. La diagnosi è effettuata dal medico che, tramite una serie di esami e analisi, stabilisce il trattamento più adatto per la guarigione. L’alimentazione svolge, in ogni caso, un ruolo importante: tra gli alimenti consigliati nella dieta, vi sono frutta e verdura. Quali sono i sintomi legati all’ipertrofia prostatica? Quali i rimedi? Scopriamo le cure più efficaci secondo l’esperto, il dott. Stefano Pieri dell’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, medico chirurgo e docente in “Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia”.

Dott Stefano Pieri

L’alimentazione può essere di aiuto per chi soffre d’ipertrofia prostatica?

“L’unico alimento di cui si conosce un effetto negativo è il caffè, che costringe la vescica e stimola la diuresi; siccome l’ipertrofia prostatica rende difficoltosa la minzione, ad ogni tazzina di caffè corrisponde un calvario”.

Quali sono i sintomi che devono fare da campanello d’allarme?

“La necessità di andare spesso al bagno e di avvertire una nuova necessità anche un’ora dopo; la sensazione di non aver completamente svuotato la vescica; la forza del getto che diminuisce sempre più, fino a diventare un gocciolatoio e l’esigenza di andare spesso al bagno la notte sono tutti sintomi che, alterando la qualità di vita, portano a consultare uno specialista”.

Quali cure risultano più efficaci?

“L’urologo ha proposto, nel tempo, una serie di soluzioni chirurgiche, quando la terapia medica non era in grado di controllare i sintomi. Dalla prostatectomia radicale, con grande cicatrice pelvica, si è passati, nel tempo, ad una chirurgia sempre meno invasiva, per diminuire complicanze e degenze ospedaliere. La prostatectomia per via transuretrale è apparsa per tanto tempo una valida soluzione, vista la minore invasività e l’impiego di un canale fisiologico. Purtroppo, per prostate superiori a 70-80 cc, tale intervento è risultato palliativo, per cui è stata proposta l’embolizzazione arteriosa: si tratta di una iniezione di microparticelle all’interno delle arterie prostatiche, con lo scopo di arrestare il flusso arterioso alla prostata ingrandita, causando una ischemia, una necrosi e una riduzione volumetrica. Quel tanto che basta ad eliminare il catetere vescicale a permanenza e tornare ad una vita “più normale”.
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