Infezioni vaginali: sintomi, cause, cure e rimedi naturali

Scopriamo insieme quali sono gli agenti patogeni alla base di vaginiti e vaginosi, come riconoscere i sintomi di un'infezione e quali rimedi adottare per liberarsene in modo efficace

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Di Yuriy Maksymiv/Shutterstock.com

Quali sono le infezioni vaginali che più comunemente colpiscono le donne? Abbiamo rivolto questa domanda al dr. Gianfranco Blaas, specialista in ginecologia.

Quali sono i sintomi delle infezioni vaginali e quali sono le più comuni?

Partiamo dal presupposto che i nostri organi genitali, la vagina in particolare, sono strutture complesse, praticamente sono un “laboratorio” in cui le pareti sono molto elastiche e resistenti dal punto di vista meccanico, perfette e in grado di difendersi grazie all’equilibrio che sussiste al loro interno, ma che, appunto, possono difendere tutto l’ambiente grazie a una sensibilità agli ormoni e alla capacità di produrre sostanze protettive.
Qualora cambino le situazioni ormonali, metaboliche o immunitarie, le difese vaginali vanno in crisi.
L’equilibrio difensivo è dato dalla presenza di secrezioni vaginali particolarmente adatte alla vita di batteri benefici, chiamati lattobacilli (ve ne sono diverse “famiglie”), che a loro volta condizionano l’ambiente vaginale, rendendolo ottimale per la loro sopravvivenza e per il benessere dell’organo stesso.
Le funzioni che questi batteri hanno a livello vaginale sono molte e fondamentali:

  • Fermentano il glicogeno accumulatosi nelle cellule delle pareti vaginali e della cervice uterina (attivato dagli estrogeni), trasformandolo in acido lattico, che contribuisce al mantenimento di un pH acido.
  • Producono perossido di idrogeno (acqua ossigenata), inibendo la crescita dei batteri patogeni anaerobi e dei batteri aerobi, in quanto, oltre ad apportare ossigeno letale per gli anaerobi, questo perossido ha azione tossica sulle cellule batteriche non lattobacillari.
  • Producono batteriocine, sostanze con effetti antibiotici naturali. Sembra che ogni famiglia di lattobacilli produca batteriocine specifiche per le varie specie microbiche.
  • Producono biosurfactanti, molecole in grado di richiamare altri lattobacilli, in modo da creare una barriera contro i patogeni.
  • Si legano ai recettori posti sulla mucosa vaginale e, occupandoli tutti, tolgono ai germi patogeni la possibilità di aderire alle pareti vaginali.
  • Si co-aggregano, ovvero riescono a legarsi ai germi patogeni, impedendogli quindi di aderire alle mucose vaginali e di riprodursi.

Altro sistema di difesa vaginale, collegato ai lattobacilli, è il muco vaginale: è abbastanza denso, per cui, per la maggior parte dei batteri è molto difficile penetrare in questo muco. Per questo, le secrezioni vaginali che tappezzano la vagina rappresentano una efficace barriera fisica impenetrabile dai batteri patogeni.
Capita, però a volte, che questo equilibrio si alteri e che i patogeni riescano a moltiplicarsi fino a superare il numero dei lattobacilli.
Ciò può avvenire in seguito a malattie, terapie debilitanti, abbassamento del pH, infezioni concomitanti, assunzione di antibiotici (che uccidono anche i lattobacilli), uso di anticoncezionali orali (alterano le secrezioni ed il pH), infiammazioni, allergie e irritazioni vulvo-vaginali, menopausa, gravidanza, patologie ovariche, attività sessuale, fase del ciclo mestruale, prepubertà o menopausa; inoltre l’uso di biancheria sintetica colorata, applicazione di assorbenti interni, dermatiti e dermatosi vulvari, abuso di igiene intima, possono favorire un alterato rapporto tra Doderlein e patogeni.
È infatti ampiamente dimostrato come la maggior parte dei trattamenti antimicrobici impiegati nelle affezioni vaginali presentino un impatto estremamente negativo sulla flora di Doderlein, complicando così la rigenerazione dei lattobacilli costituenti la flora batterica vaginale normale.
Le infezioni provocate da microrganismi già presenti a nel nostro organismo vengono distinte in 2 tipi: le vaginiti aerobiche e le vaginosi batteriche.

Le vaginiti e le vaginosi

La vaginosi è un’alterazione dell’equilibrio della flora vaginale. Si presenta, in genere, solo alcuni giorni prima del ciclo; scompare per poi ripresentarsi poco prima del ciclo successivo.
La vaginosi batterica (bacterial vaginosis, BV) è una sindrome clinica causata dall’abnorme crescita di batteri anaerobi (Prevotella, Mobiluncus, Gardnerella vaginalis, Mycoplasma hominis) a scapito dei lattobacilli produttori di H2O2.
Può essere asintomatica fino al 50% dei casi. La possibilità di una trasmissione sessuale non è chiara: l’infezione è più frequente nelle donne sessualmente attive, ma il trattamento del partner non comporta effetti benefici nella prevenzione delle recidive.
L’odore tipico della vaginosi è simile all’odore del pesce e ciò perché i batteri anaerobi in ambiente alcalino producono poliamine e trimetilamine (dette spermina, spermidina, putrescina e cadaverina), che danno alle secrezioni maleodoranti.
L’odore diventa più forte in fase post mestruale e dopo i rapporti sessuali, perché sangue e sperma alcalinizzano l’ambiente vaginale, favorendo il rilascio di poliamine.
Queste sostanze provocano a lungo esfoliazione dell’epitelio vaginale e danni all’intero epitelio. Per questo, la vaginosi protratta può dar luogo a bruciore, prurito e dispareunia, per poi sfociare in malattia infiammatoria pelvica e, in caso di gravidanza, in parti pretermine, rottura delle membrane, infezioni varie nel neonato, endometrite post parto, basso peso del nascituro.
La diagnosi di vaginosi viene posta se sono positivi questi criteri clinici:

  • secrezioni abbondanti (leucorrea) uniformi;
  • pH vaginale maggiore di 4,5;
  • odore di pesce dopo aver messo a contatto le secrezioni con idrossido di potassio (whiff test, o fish test, o amine test, o odor test, o sniff test, o fishy odor test, o test dell’odore fetido);
  • presenza nelle secrezioni valutate al microscopio, di clue cell, cioè di cellule epiteliali che hanno sulla loro superficie numerosi batteri patogeni attaccati (se queste cellule sono almeno il 20% del totale delle cellule epiteliali nelle secrezioni, il test è positivo);
  • assenza o diminuzione drastica di lattobacilli;
  • presenza di gardnerella o mobilunculus.

La vaginite, invece, è un’infiammazione della membrana della mucosa vaginale.
In ordine di frequenza, la vaginosi batterica, con prevalenza di batteri anaerobi (40-45%) è seguita dalla vaginite aerobica, in cui prevalgono batteri aerobi di provenienza intestinale (E.coli, Klebsiella, Enterococco, ecc.) e dalle vaginiti da candida (20-25%), Gardnerella e Trichomonas (10-20%).
Nelle vaginiti le perdite vaginali (non più chiare e trasparenti, ma grigiastre, bianche o gialle), bruciore, dispareunia e prurito sono i sintomi più frequenti e comuni.
Spesso, l’infezione coinvolge l’ultima parte dell’uretra (quella verso l’esterno) e le ghiandole parauretrali, dando una sintomatologia più simile a quella dovuta alla cistite, più che alla vaginite: bruciore alla minzione, sensazione di mancato svuotamento, urgenza, frequenza.
A causa di ciò, spesso viene curata una cistite inesistente (dal medico in base ai sintomi riferiti, o dalla paziente stessa, che crede che il problema sia urinario) e non la vera causa dei disturbi, non risolvendo quindi il problema.
Il pap test è, invece, scarsamente utile nella diagnosi, anche differenziale, tra vaginosi e vaginite, perché poco sensibile.

Come fare prevenzione?

E’ il cardine su cui poi far poggiare la successiva, eventuale, terapia.
Per prevenire le infezioni intime è fondamentale curare l’igiene personale. Ecco le sei regole della SIGO:

  1. abituarsi a detergere la zona vulvare con movimenti della mano dalla vagina all’ano e mai il contrario, per evitare il contatto degli organi genitali con le feci e l’urina, portatori di funghi e batteri;
  2. evitare di usare il detergente intimo a contatto diretto con la mucosa: è meglio diluirlo nell’acqua, oppure su una spugna. Al termine, sciacquare abbondantemente con acqua fresca e pulita;
  3. durante il ciclo, è buona abitudine rinfrescarsi a ogni cambio di assorbente, con abbondante acqua corrente tiepida. Le perdite ematiche causano una variazione del pH della mucosa vaginale, indebolendone le difese;
  4. nei bagni pubblici evitare di sedersi, meglio coprire l’asse del water con carta igienica;
  5. in viaggio si può ricorrere alle salviettine specifiche, non utilizzare mai le comuni salviettine umide. Sono imbevute di soluzioni fortemente alcoliche che irritano e bruciano se applicate sulla mucosa;
  6. non usare deodoranti, mentre disinfettanti vaginali (o altre sostanze mediche) devono essere utilizzati solo se prescritti da uno specialista per il tempo e le modalità da lui consigliate.

Alimentazione e nutriterapia consigliate

La mucosa della vagina riflette abbastanza uniformemente le condizioni ambientali di tutto l’organismo. È necessaria una dieta sana ed equilibrata per assicurare un perfetto pH, ossia un perfetto rapporto fra sostanze acide e sostanze alcaline.
In caso di perdite da Candida albicans sarà utile una dieta ben bilanciata povera di grassi, zuccheri e cibi raffinati. Soprattutto, evitando i cibi fermentati (pizza, birra, aceto, ecc.).
In caso di infezioni croniche con deficit immunitario è necessario supplementare la dieta di alcuni precisi integratori alimentari, come la vitamina A e il beta-carotene, necessari per ricostruire una mucosa vaginale consumata dalle continue escrezioni, ma anche per un’adeguata risposta immunitaria. Utile quindi il consumo di pomodori e carote.
Tradizionalmente, si usava inserire yogurt nella vagina di donne affette da vaginite, con buoni risultati. Questa pratica fu poi confermata dai famosi studi di Doderlein. La pratica può essere riprodotta utilizzando colture incapsulate di Acidophilus di qualità. Dunque, la supplementazione per via alimentare di batteri amici, sia Acidophilus che Bifidus, svolge un ruolo importante sia nella prevenzione che nella cura di tali condizioni.

Come si curano queste infezioni?

La soluzione ideale è sempre fare preventivamente una diagnosi: intanto, una diagnosi differenziale tra vaginosi e vaginiti, al di là della semplice sintomatologia, che già ci indirizza. A parte quei test di cui abbiamo già parlato, è fondamentale eseguire un test microscopico a fresco: sarà in questo caso semplicissimo fare una diagnosi di candidiasi in fase florida, come di Trichomoniasi.
A questo punto facile attuare la terapia con i comuni funghicidi (per os e/o locali) o con il metronidazolo, efficace peraltro anche sulla Gardnerella.
Da tener presente che va sempre curato anche il partner! Scontati i risultati più semplici, bisogna anche ricorrere a un esame culturale, che così evidenzierà sia le forme latenti, sia la presenza di aerobi o anaerobi. Si individueranno i casi, come ad esempio il Mycoplasma, in cui ricorrere agli antibiotici mirati. O l’Escherichia coli, sapendo già in partenza quanto sia difficile da eradicare.
A RISPONDERE ALLE DOMANDE:
Dr. Gianfranco Blaas
Specialista in ginecologia