Immunoterapia, una nuova speranza contro il glioblastoma

L'utilizzo delle cellule Car-T nella lotta contro i tumori cerebrali potrebbe portare nuove speranze soprattutto per chi viene colpito da glioblastoma.

Glioblastoma
Foto Unsplash | Julia Koblitz

L’immunoterapia rappresenta l’ultima avanguardia nella lotta contro i tumori ematologici. L’impiego di cellule Car-T ha già evidenziato notevole efficacia, soprattutto nella leucemia e nel linfoma. Tuttavia, è in studio l’ampliamento del suo utilizzo anche nei confronti dei tumori solidi, e in particolar modo di quelli cerebrali – come il glioblastoma.

Immunoterapia contro il glioblastoma

Una nuova ricerca di laboratorio pubblicata su Nature, Precision Oncology mira proprio ad estendere la Car-T ai tumori solidi. L’obiettivo è quello di promuovere una cura più efficace per combattere il glioblastoma, una delle forme tumorali più aggressive in assoluto. Si tratta di un tipo di cancro al cervello che, se non trattato, ha una prognosi di pochi mesi di vita. Purtroppo, le attuali terapie riescono ad allungare solo di poco le prospettive di sopravvivenza. L’immunoterapia potrebbe dunque rappresentare una nuova speranza per tutti coloro cui viene diagnosticato questo tumore.

I ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia, assieme allo staff di Oncologia medica dell’Aou di Modena e ad altri istituti in tutta Italia, hanno evidenziato l’efficacia della terapia Car-T nei tumori solidi, che si aggiunge a quella comprovata per le leucemie e i linfomi. Oltre al glioblastoma, è in studio anche l’applicazione di questa tecnica nei casi di carcinoma del polmone a piccole cellule e di melanoma.

Come funzionano le cellule Car-T

L’immunoterapia in questione è una vera innovazione in campo oncologico. Si tratta di una terapia cellulare e genica che si basa sul “rafforzamento” dei linfociti T del paziente. Queste cellule attivano la risposta immunitaria contro i tumori, tuttavia non sono sempre in grado di combattere efficacemente la malattia. Con un semplice prelievo, i linfociti T approdano in laboratorio e vengono modificati affinché siano in grado di riconoscere le cellule tumorali. Le Car-T così ottenute vengono infine reinfuse nel paziente, il cui sistema immunitario dovrebbe dunque diventare maggiormente capace di aggredire il cancro.

“È come fornire una chiave ai linfociti che trovano la giusta serratura sul tumore: inserita la chiave col Car-T, il linfocita si attiva e uccide le cellule che esprimono quello specifico target” – ha spiegato Massimo Dominici, direttore della struttura complessa di Oncologia medica dell’Aou di Modena.