Articolo aggiornato il 25 Marzo 2008
Da un lato se ne discute pensando al fatto che lo sport fa bene. Mantiene occupati e attivi i figli, anche se piccoli, e fa in modo che si allenino in qualche specialita’ che magari un giorno potrebbe dare loro anche delle grandi soddisfazioni, mentre, dall’altra, si critica ai genitori stessi il fatto che, di fronte agli allenamenti, alle gare, e allo sviluppo dello spirito agonistico, i bambini possono risentire di uno stress psico – fisico, che porta con se l’ansia da prestazione e che nega il divertimento tipico dello sport fatto per passare il tempo.
Strano ma vero, e’ questo il quadro generale del babi-allievo sportivo, che da una parte gioca e si diverte, ma dall’altra si impegna con assoluta concentrazione per essere efficiente ed efficace.
Secondo i piu’ recenti studi sarebbe quindi sbagliato spronare eccessivamente i propri figli perche’ diventino dei bravi atleti, specialmente quando la disciplina e’ insegnata a partire dalla giovane eta’.
Lo spazio dell’infanzia sarebbe cosi’ “ridotto” – ha dichiarato Gianni Bona, Vicepresidente della SIP – ed esagerare nella disciplina sportiva in tenera eta’ non va bene. Questo sempre secondo la SIP.
L’eta’ dei campioni, anche in Europa, sta diminuendo, lo dimostrano episodi come quello piu’ recente del Baby tuffatore inglese, sul podio a 13 anni, entrato meritoriamente nella classifica dei piu’ giovani campioni di tuffo della categoria, piazzandosi al primo posto.
La mente secondo gli psicologi dell’infanzia, sarebbe troppo concentrata fin dalla giovinezza, e questo causerebbe un disequilibrio psicofisico.
Dunque si’ allo sport, ma no all’agonismo precoce; prima dei 10/12 anni e’ troppo presto per impegnare i figli nell’agonismo, mentre e’ bene farli crescere con uno spirito sportivo.
Il rischio maggiore? Creare aspettative inesistenti nei bambini, che sarebbero letali per lo sviluppo di una normale concezione dell’esistenza.