La psoriasi è una malattia cronica con predisposizione ereditaria-genetica evidenziata clinicamente da placche, eritema e squame pluristratificate caratteristiche per il loro colore argentino. Il 29 ottobre è la giornata mondiale della psoriasi, un momento nato con l’obiettivo di far crescere la consapevolezza e l’attenzione sulla patologia e sui gravi disagi che può causare.
In base alle caratteristiche cliniche, si distinguono diverse forme di psoriasi. Nel trattamento, occorre distinguere tra i trattamenti per uso topico delle forme più lievi e le terapie sistemiche per i casi più gravi.
Spiega il dottor Pier Luca Bencini, specialista in Dermatologia e Direttore Scientifico di ICLID Milano: “Non esiste una terapia risolutiva che porti alla guarigione dalla malattia. E’ importante integrare vari tipi di approcci a seconda delle fasi cliniche e dell’estensione. Per quanto riguarda la terapia topica occorre procedere per step: decappare le lesioni con cheratolitici quali acido salicilico o urea, ridurre l’infiammazione e l’infiltrazione della placca utilizzando associazioni di catrame e cortisonici in pomata per brevi periodi, ed infine ridurre l’eccessiva crescita delle cellule epidermiche attraverso analoghi della Vitamina D in unguento come il calcipotriolo. Gli effetti benefici dei raggi ultravioletti sono noti fino dagli albori della medicina moderna”.
Oggi è peraltro possibile trattare le placche psoriasiche con potenze importanti senza i noti rischi di cancerogenicità delle radiazioni ultraviolette, utilizzando speciali laser ad eccimeri.
Le terapie sistemiche sono indicate per le forme severe. Questi trattamenti sono più o meno tossici e possono provocare effetti collaterali. Tra i farmaci utilizzati, come spiegato da Pier Luca Bencini, rientrano il Methotrexate, con uso limitato e basato su un forte potere immunosoppressivo e antinfiammatorio; i Retinoidi orali (Etretinato – Acitretina), che agiscono sui meccanismi di differenziazione delle cellule cutanee e limitano l’infiammazione dei tessuti; ed infine la Ciclosporina, estremamente utilizzata soprattutto nei casi di psoriasi artropatia, anche se si tratta di un potente immunosoppressore con alta tossicità epatica e renale.
“I farmaci biologici rappresentano uno dei maggiori progressi terapeutici degli ultimi anni per la loro grande selettività d’azione che determina una efficacia terapeutica in tempi brevi” – aggiunge il professor Bencini -. “Il loro uso è indicato per casi di psoriasi grave o invalidante”.
L’efficacia della carbossiterapia nel trattamento delle forme lievi/moderate di psoriasi è dimostrata da uno studio pubblicato nel 2014 sul Journal of Dermatology Treatment.
Ad introdurre il tema la dottoressa Ginevra Migliori, medico estetico e chirurgo plastico: “Mentre la fototerapia con UVA o UVB è riservata ai casi moderati/gravi, una tecnica innovativa, sviluppata negli ultimi anni e capace di ridurre l’impiego dei farmaci topici nelle forme lievi/moderate di psoriasi è la carbossiterapia, che consiste nell’infiltrazione nelle aree colpite da psoriasi di un gas medicale sterile, l’anidride carbonica, che viene opportunamente preriscaldata ed erogata da un’apparecchiatura certificata”.
La seduta dura una ventina di minuti, non lascia segni particolari e consente un immediato ritorno alle attività quotidiane.
“Questo studio del 2014” – prosegue la dottoressa Migliori, – “ha dimostrato che è possibile ottenere un netto miglioramento delle placche psoriasiche dopo due mesi di trattamento con due sedute settimanali. Nel 38% dei casi di psoriasi lieve si è ottenuta la risoluzione completa delle placche e si è osservata una rigenerazione della pelle. Inoltre nelle aree trattate con la carbossiterapia non si sono evidenziate recidive a distanza di due anni dalla fine del ciclo di trattamenti”.
Dunque la carbossiterapia ha un effetto terapeutico sulle placche poiché migliora notevolmente la vascolarizzazione e l’ossigenazione locale dei tessuti e ha uno spiccato effetto antinfiammatorio, con benefici a breve e a medio-lungo termine.