Articolo aggiornato il 21 Settembre 2021
Il 21 settembre si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, un importante appuntamento che offre l’occasione per parlare di una malattia che affligge moltissimi anziani e non solo. Oggi è più che mai fondamentale farlo. In tempi di pandemia si è infatti notato come il Covid colpisca frequentemente le persone affette dalle varie forme di demenza. Dell’Alzheimer non conosciamo ancora con precisione le cause, né vi sono attualmente delle cure che permettano il regredire della patologia. La ricerca è dunque la nostra arma principale per scoprire qualcosa in più sul morbo. Ma anche per sperare in futuro di fare passi avanti nell’approccio terapeutico che lo riguarda.
Alzheimer, numeri in crescita
L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che comporta la perdita graduale delle abilità cognitive come la memoria, la capacità di parlare e la possibilità di orientarsi nello spazio e nel tempo. Viene definita come una forma di demenza, malattia che colpisce circa 55 milioni di persone al mondo e, in Italia, oltre 1,2 milioni di persone. Numeri in aumento, visto che gli esperti stimano la presenza di circa 1,6 milioni di soggetti affetti da demenza entro il 2030. L’Alzheimer ne è la forma più comune, responsabile del 60-70% dei casi.
La maggior parte delle persone che ne soffre ha più di 65 anni, ma la malattia non è caratteristica solamente dell’età avanzata. Almeno il 5% dei pazienti ha avuto un’insorgenza precoce (tra i 40 e i 60 anni) di questa forma di demenza. L’Alzheimer è una condizione degenerativa, ovvero i suoi sintomi peggiorano con il passare del tempo. Al momento della sua prima comparsa, vi sono segnali leggeri come piccole difficoltà dell’attenzione e lieve perdita della memoria. Con il progredire della malattia, i sintomi si fanno sempre più gravi e sono spesso accompagnati da cambiamenti della personalità sino all’impossibilità di prendersi cura di se stessi.
Alzheimer, una speranza nella ricerca
La diagnosi di Alzheimer è ancora oggi una sentenza che spaventa. Oltre a non essere ancora del tutto note le sue cause, questa patologia non ha una cura e, nella maggior parte dei casi, presenta una sopravvivenza media che va dai 5 agli 8 anni. Finora non sono state individuate terapie efficaci nella regressione della malattia, tuttavia esistono dei farmaci che permettono di attenuare i sintomi e di migliorare la qualità della vita dei pazienti – così come di chi si occupa di loro.
La ricerca continua a spendere il suo impegno nel tentativo di individuare nuove possibilità di cura per intervenire sia in fase avanzata, quando anche le terapie sintomatiche non hanno più molte chance di efficacia, sia al momento dell’insorgenza dell’Alzheimer, per impedirgli di svilupparsi.