Fecondazione assistita: legge 40 come funziona

La legge 40 del 19 febbraio del 2004 sui limiti alla procreazione assistita è sempre stata oggetto di discussione sia da esperti del campo sia da associazioni religiose

fecondazione assistita legge 40

fecondazione assistita legge 40La legge 40, che si occupa della fecondazione assistita, è in questi giorni oggetto di non poche discussioni. Il motivo di ciò è la sua “bocciatura” da parte della Corte di Strasburgo. Questo provvedimento è giunto dopo il ricorso fatto da una coppia di coniugi italiani circa un anno fa: entrambi portatori sani di fibrosi cistica, già genitori di una bambina malata, vorrebbero avere la certezza, eseguendo lo screening prenatale, nel caso di un’altra gravidanza, che il bambino sia sano. Questa certezza si può avere solo con la fertilizzazione in vitro o FIVET, argomento principale della legge 40, e che in Italia (e solo in altri due Paesi europei come Austria e Svizzera) è vietata. Questo divieto non è stato accettato dai due genitori italiani che hanno subito fatto ricorso appellandosi al fatto che questa legge 40 viola il diritto alla vita privata e familiare, ed inoltre, discrimina certe coppie rispetto ad altre. La Corte di Strasburgo ha bocciato alcuni articoli della legge, precisamente il 13 e il 14, dando ragione alla coppia.

Legge 40: gli articoli che la costituiscono

La legge 40 è una norma del 19 febbraio del 2004 e disciplina la procreazione assistita nell’ordinamento civile italiano. Come è intuibile questa legge è, sin dal momento della sua nascita, sempre oggetto di discussione, a causa dei limiti che essa impone. Questi ultimi riguardano, appunto la procreazione assistita, definita come un rimedio medico-chirurgico, utile per risolvere i problemi riproduttivi dovuti, solo ed esclusivamente, alla sterilità o all’infertilità (secondo l’articolo 1 e 4), oppure nel caso in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile, come l’Aids e l’epatite B e C. Secondo la norma la tecnica della procreazione assistita, indicata solo nei casi sopra citati, tutela i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. Ma, secondo altri pareri, medici e no, non sarebbe proprio così; infatti, i limiti imposti alle altre coppie, come i coniugi italiani Rosetta Costa e Walter Pavan, con altri problemi non sicuramente meno importanti di quelli citati dalla legge, vanno contro il diritto umano di poter avere una famiglia sana ed una vita tranquilla. Argomento ripreso e sottolineato dai giudici della Corte di Strasburgo, che hanno identificato nell’articolo 8 della norma una contraddizione di questo tipo (“Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare”). Altro articolo della legge bocciato dal Tribunale è stato il 13: secondo quanto scritto è vietata qualsiasi sperimentazione sull’embrione umano. Limiti che vengono sottolineati anche nell’articolo 14 con sanzioni e sospensioni per il medico. Anche in questo caso il limite è molto discutibile: perché impedire che la ricerca e, soprattutto, un possibile aiuto clinico risolva molti problemi che affiorano nelle coppie desiderose di avere un bambino sano. Eppure la frase “ diritto al rispetto della propria vita privata e familiare” è presente anche in questa legge.

Favorevoli e contrari alla legge 40

La legge, oggetto di discussione, in particolar modo in questi giorni, ha sempre avuto dei “nemici”. La Corte europea dei diritti umani sottolinea quanto questa norma, ma come tutto il sistema legislativo italiano, sulla procreazione assistita sia incoerente. Questo fuoriesce se pensiamo che, comunque, esiste la legge che permette l’aborto terapeutico nei casi in cui il feto sia malato di fibrosi cistica (ricordiamo che è la patologia di cui sono portatori sani i due coniugi italiani che hanno fatto ricorso). Ecco dove sta l’incoerenza sottolineata dalla Corte ed il perché secondo i giudici viola il diritto alla vita privata e familiare. Molti esperti si ritengono d’accordo con questa sentenza, come il dottor Carlo Flamigni, ginecologo e “padre” della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica; il dottor Severino Antinori, ginecologo, che in primis aveva fatto ricorso subito dopo l’approvazione della legge 40. Altri esperti del campo, invece, si trovano in disaccordo con la sentenza, come la dottoressa Eleonora Porcu, Responsabile del Centro di Infertilità e Procreazione Medicalmente Assistita dell’Università di Bologna, che sottolinea la diversità tra le due leggi, la numero 40 e quella sull’aborto, e che quindi non possano essere paragonate; il coordinamento delle associazioni cattoliche, nato nel 2005, che ha sempre sostenuto la norma, ribadisce quanto quest’ultima sia importante per la tutela dei diritti umani.