Farmaci: perchè quelli veterinari costano molto di più di quelli umani?

L’occasione risulta tuttavia utile per informare che i nostri amici a quattro zampe possono essere trattati, almeno per quelle patologie che richiedono analogo approccio terapeutico, con le stesse molecole farmaceutiche previste per gli umani, sia pure a dosi opportunamente adattate

Articolo aggiornato il 28 Settembre 2009

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Una volta tanto spostiamo l’attenzione dalle patologie umane a quelle animali, non per trattare e parlare di queste, quanto invece per chiedersi perché, a fronte, spesso, di principi attivi del tutto uguali dei farmaci veterinari rispetto a quelli umani, i primi costano molto di più dei secondi.
L’occasione risulta tuttavia utile per informare che i nostri amici a quattro zampe possono essere trattati, almeno per quelle patologie che richiedono analogo approccio terapeutico, con le stesse molecole farmaceutiche previste per gli umani, sia pure a dosi opportunamente adattate. In questo l’apporto del medico veterinario diviene quanto mai fondamentale essendo egli l’unico a potere stabilire, in base alla storia clinica dell’animale, della sua patologia ed eventuali controindicazioni verso alcuni farmaci, se e quando è possibile utilizzare farmaci uso umano anche in veterinaria.
 
Detto ciò, vediamo di comprendere le motivazioni che stanno alla base di questa discrepanza di costi delle diverse specialità farmaceutiche nel caso in cui siano destinate all’uso umano o veterinario. A questo interrogativo, che di primo acchito potrebbe sembrare arcano, ha risposto l’ANMVI, ovvero, l’Associazione Nazionale Medici Veterinari, che giustifica tale evidenza col fatto che ad incidere sul costo dei farmaci destinati alla cura degli animali soprattutto da compagnia, intervengono problematiche di tipo produttivo e distributivo.
 
In altre parole, secondo l’autorevole rappresentanza di professionisti, alla base di questa disuguaglianza di costi vi sarebbero importanti motivazioni di mercato, laddove aumenta la domanda il prezzo in certuni casi è destinato anche a scendere, al punto che, rispetto agli altri Paesi europei, a parità del numero di cani e gatti detenuti dai rispettivi proprietari, in Italia la domanda di tali presidi farmacologici sarebbe decisamente inferiore con una conseguente scarsa capillarizzazione del sistema distributivo del farmaco in tutta la Nazione.
 
Da anni l’ANMVI sostiene che l’unica soluzione per risolvere il problema- ampliando la distribuzione dei farmaci veterinari garantendone la reperibilità e contenendone il prezzo – è come in tutti i Paesi europei dare la possibilità alle strutture veterinarie di vendere senza limitazioni tutte le specialità farmaceutiche veterinarie per animali da compagnia. Ma in Italia ci sono resistenze a concedere ai veterinari la libera distribuzione dei farmaci veterinari, anche se questi medicinali corrispondono solo all’1% del mercato del farmaco nel nostro Paese.

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