Articolo aggiornato il 5 Agosto 2008
E chi l’ha detto che un farmaco se utilizzato non per una specifica malattia ma semmai per un problema estetico sia meno pericoloso di un altro, magari perché la molecola è data da un estratto naturale, magari perché lo si assume per altra via da quella che siamo abituati a considerare. Invece, un farmaco, per qualsiasi azione venga prescritto, esercita, una volta nell’organismo, tutta una serie di reazioni biochimiche, spesso molto complesse, che hanno come conseguenza la risoluzione del problema che intendiamo contrastare con quel dato principio attivo; ne deriva, che qualsiasi farmaco, per qualsiasi motivo assunto può dare effetti collaterali, a volte leggeri che spariscono con la sospensione della somministrazione o nella scelta di un dosaggio diverso, in altri casi, molto più gravi, che si risolvono quasi sempre, con l’intervento medico immediato, raramente con la morte.
Dunque, premesso ciò, risulta facile capire che anche nei trattamenti di chirurgia estetica occorre che il paziente venga informato dal medico che prescrive una terapia degli eventuali effetti collaterali cui può andare incontro con la stessa, così come il medico dovrà essere attentamente informato dal paziente, anche ai fini di un’accurata anamnesi, delle eventuali terapie che l’assistito segue indipendentemente dalle nuove terapie che gli vengono praticate. Nessuna remora di nessuna natura a palesare al medico eventuali sostanze farmacologiche che riteniamo banali, se tali davvero fossero, dovrà essere il medico a stabilirlo.
Ma c’è di più, se tali regole valgono per la medicina tradizionale, quella che generalmente si accompagna alla cura di determinate patologie o alla loro prevenzione, diventa da oggi obbligatorio per la medicina estetica, con obbligo perentorio da parte del medico di informare, a chiare lettere, il paziente sugli effetti che l’utilizzo della sostanza farmaceutica da lui prescritta possa riverberare in lui, dunque, non più solamente il nome commerciale del prodotto prescritto ma tutti i suoi effetti, compresi se non in particolar modo, quelli avversi, per lo meno quelli conosciuti dalla letteratura scientifica.
A ribadirlo la Corte di Cassazione che con Sentenza n. 32423 del 1 agosto 2008 ha sottolineato con forza tale concetto rimarcando che in tema di medicina estetica il farmaco fa parte di quei “trattamenti non necessari se non superflui”.
Di più, la Suprema Corte rileva nella sentenza che: “il consenso informato non può ovviamente esaurirsi nella comunicazione del nome del prodotto che verrà somministrato o di generiche informazioni ma deve investire – soprattutto nel caso di trattamenti che non sono diretti a contrastare una patologia ma a finalità esclusivamente estetiche che si esauriscono dunque in trattamenti non necessari se non superflui – gli eventuali effetti negativi della somministrazione in modo che sia consentito al paziente di valutare congruamente il rapporto costi-benefici del trattamento e di mettere comunque in conto l’esistenza e la gravità delle conseguenze ipotizzabili”.
Un disposto tutt’altro che trascurabile che disciplina un campo, quello della medicina estetica, lasciato, forse, tropo spesso privo di più necessari controlli.