Articolo aggiornato il 20 Maggio 2009
Quante volte durante un esame ci siamo impalati di fronte all’esaminatore scordandoci in un solo attimo tutto quello che avevamo imparato e immagazzinato nel cervello. Quante volte abbiamo sostenuto a spada tratta di avere imparato bene la lezione e capito la domanda che ci rivolgevano, ma non sempre è stato facile convincere gli altri di quanto avvenuto anche se in effetti nella stragrande maggioranza dei casi si trattava soltanto di un vuoto di memoria.
Ebbene, per quelli ancora scettici servirà sapere che i vuoti di memoria esistono eccome! Lo sostiene il CNR; ”I cosiddetti ‘vuoti di memoria rappresentano un fenomeno molto comune che ciascuno di noi puo’ aver sperimentato”, ha rassicurato Vincenzo Cestari, associato di ricerca presso l’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e docente universitario presso la Lumsa.
Certo non ci si riferisce a quelle amnesie patologiche magari legati ad una scarsa irrorazione sanguigna a livello cerebrale semmai a quelle transitorie situazioni che ci portano a dimenticare le cose perché le stesse cose sono state imparate in un ambiente diverso da quello in cui ci si trova al momento degli esami.
Certo non bisogna neanche trascurare il ruolo che l’ansia gioca in questo contesto ma anche questa componente può venire ridimensionata quando subentrano le situazioni ottimali affinché uno stimolo da parte dell’esaminatore, ad esempio, agisca sulle nostre capacità mnemoniche ecco che, chi ha davvero studiato, una volta tolto il blocco iniziale comincia a sciorinare con padronanza di sé tutto quanto imparato.
Per ottenere buoni livelli di memorizzazione conviene dunque prepararsi distribuendo lo studio nel tempo. ”Il consolidamento consente il passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine – ha speigato Cestari – piu’ stabile perche’ associata a modificazioni piu’ o meno permanenti dei neuroni e delle loro connessioni. Inoltre, per rendere piu’ efficace la fissazione dei ricordi, nelle ore successive all’apprendimento, e’ bene non sovrapporre nuove informazioni con caratteristiche simili, producendo il fenomeno dell’interferenza”. Peraltro, l’ansia non e’ sempre negativa. ”Sembra infatti che possa addirittura favorire la nostra prestazione in un esame, motivandoci e attivando il nostro apparato fisiologico”, ha detto il ricercatore dell’In-Cnr. ”Ovviamente dipende dal tipo di prestazione che si deve affrontare (ad esempio se cognitiva oppure motoria) e dal fatto che non ci si trovi di fronte a livelli d’ansia che un medico individua come patologici”, ha concluso.