Articolo aggiornato il 20 Marzo 2014
L’epatite C si può definire a tutti gli effetti una malattia cronica, che può provocare conseguenze gravi, come, ad esempio, la cirrosi e il cancro al fegato. I sintomi caratteristici della malattia non sono sempre avvertibili. Nella fase iniziale si possono provare soltanto un lieve affaticamento e una sensazione di nausea. Il contagio avviene attraverso il contatto diretto con il sangue di un individuo malato. Per la diagnosi si devono effettuare gli esami del sangue e possono essere utili anche le analisi su un piccolo campione di tessuto epatico. Per quanto riguarda la cura, il metodo standard prevede una terapia con interferone associato a ribavirina.
I sintomi
Nella fase iniziale della malattia i sintomi dell’epatite C non sono sempre presenti. A volte si riscontrano dei segnali simili a quelli dell’influenza, con presenza di dolori articolari e muscolari, nausea, mancanza di appetito e un leggero affaticamento. Si può avere anche qualche dolore nella zona che corrisponde al fegato. Con il progredire della patologia, si cominciano ad avvertire sintomi più intensi. Si ha la febbre, la pelle e gli occhi appaiono ingialliti, dalla nausea si arriva anche al vomito e il senso di stanchezza diventa maggiore.
Il contagio
In genere si pensa che il contagio dell’epatite C avvenga quando si faccia uso di droghe e si stia a contatto con aghi sporchi. In realtà, molto più in generale, possiamo dire che il contagio si diffonde attraverso il contatto diretto con il sangue di una persona malata. Ecco perché si può prendere la malattia attraverso gli aghi usati per i tatuaggi o per il piercing, attraverso i rapporti sessuali e attraverso la condivisione di strumenti da taglio. Questi sono, comunque, degli eventi rari. Il contagio non avviene attraverso gli starnuti, la tosse o per mezzo di una stretta di mano o un abbraccio o per un bacio. Nemmeno a rischio sono usare le stesse posate o i servizi igienici. In certe situazioni l’epatite C può essere trasmessa dalla madre al bambino non ancora nato.
La diagnosi
Per la diagnosi dell’epatite C ci si deve rivolgere al proprio medico di fiducia, che può ritenere opportuno di prescrivere degli esami del sangue. In questo modo, infatti, si può vedere se si ha il virus dell’epatite C, stabilirne la quantità e valutare la sua composizione genetica, in modo da stabilire quali sono i possibili trattamenti da effettuare. Il medico potrebbe decidere di effettuare anche una biopsia epatica: viene prelevato un piccolo campione di tessuto del fegato e viene sottoposto alle prove di laboratorio.
La cura
In realtà non esiste una vera e propria cura per l’epatite C, anche se la ricerca scientifica ha fatto molti passi avanti nella messa a punto di nuovi trattamenti sanitari, che possono risultare più o meno efficaci. Per scegliere la terapia più adatta, si deve consultare il medico, il quale, al limite, può anche optare per il trattamento standard. Si tratta di combinare dei cicli di cura con interferone alfa pegilato e con ribavirina. Di solito i pazienti che hanno un minor numero di particelle virali nel fegato rispondono meglio a questo tipo di terapia.
Quest’ultima, comunque, presenta molti effetti collaterali. In ogni caso, sempre sotto stretto controllo medico, non bisogna smettere di prendere le medicine prima della conclusione del trattamento, perché a lungo andare i pericoli in cui si può incorrere sono molti. L’obiettivo della cura è quello di ridurre la quantità di virus presente nel sangue, in modo da garantire, proprio attraverso la riduzione della carica virale, la preservazione della salute del fegato.