Epatite C: guarigione possibile con 1.000 dollari a pillola

Guarire dall’epatite C è possibile con i farmaci di seconda generazione

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epatite c guarigione possibileGuarire dall’epatite C è possibile, anche se il trattamento, a cui bisogna sottoporsi è particolarmente costoso. A disposizione dei malati c’è un particolare farmaco. Si tratta del Sofosbuvir di Gilead Sciences, che riesce ad agire contro il virus che causa la patologia. In realtà le cure per l’epatite C comprendono quattro tipi di medicinali, che si dimostrano più o meno efficaci in base all’individuo, al ceppo virale e ai tempi precoci, durante i quali ci si sottopone alla terapia.

I quattro farmaci, frutto della ricerca americana, sono i seguenti: Sofosbuvir di Gilead Sciences, Faldaprevir di Boehringer Ingelheim, Daclatasvir di Bristol-Myers Squibb, “3D” di AbbVie. Sono tutti quanti inibitori della proteasi di seconda generazione e possono arrivare anche a far guarire il paziente al 100%, eliminando conseguenze importanti, come la possibilità che l’epatite C arrivi a generare la cirrosi epatica o un tumore.
Tempi veloci sono previsti per il trattamento, il quale è limitato soltanto a tre mesi e non a diversi anni. Inoltre una delle novità introdotte da questi farmaci innovativi è rappresentata dal fatto che essi possono essere somministrati per via orale e non per endovena. Il problema è rappresentato dai costi, perché pensando, ad esempio, al Sofosbuvir, ci si accorge che non tutti possono permettersi un prezzo così esorbitante. Si parla di 1.000 dollari a pillola, per un totale di 84.000 dollari di spesa complessiva, per guarire completamente dalla malattia.
La ricerca scientifica sull’epatite C è andata avanti a grandi passi. I nuovi farmaci sono stati scoperti grazie alla ricerca per combattere l’Aids, visto che il virus dell’Hiv è molto simile a quello che causa l’epatite C, l’Hcv. L’unica differenza è che quest’ultimo virus, se viene colpito, muore. Nonostante i progressi fatti nella ricerca, si pone in maniera reale la questione dei costi e, di conseguenza, una possibile disuguaglianza nell’accesso alle terapie.