Donazione degli organi: quali sono i pro e quali i contro? Il trapianto è la sostituzione di un organo o di un tessuto malato e non più funzionante con uno sano prelevato da un donatore. Possono essere donati e trapiantati organi come reni, cuore, fegato, polmoni, intestino e pancreas. Tessuti come cornee, valvole cardiache, segmenti vascolari, cute, midollo osseo, cellule staminali da cordone ombelicale e tessuto muscolo scheletrico. Gli organi prelevati vengono trapiantati ai pazienti selezionati tra tutti quelli iscritti in lista di attesa.
Sono possibili donatori tutti i soggetti ai quali è stata diagnosticata la “morte cerebrale”, avendo subito una lesione cerebrale primitiva irreversibile a causa di un trauma cranico, di un’emorragia, di un’ischemia o di un tumore cerebrale. La legge, infatti, ha disposto che sia la morte cerebrale a determinare la morte dell’individuo perché il cervello, è l’unico organo non rimpiazzabile. In mancanza di consenso o rifiuto scritto alla donazione da parte del possibile donatore, al momento del lutto la decisione spetta ai familiari più stretti.
I pro
L’ultima ricerca Eurobarometro ha registrato che il 59% degli Europei si dichiara favorevole alla donazione dei propri organi dopo la morte e il 53% anche a quelli dei propri congiunti. I dati del Centro nazionale trapianti ha riscontrato che l’Italia è ai primi posti nel Mondo, con una media di opposizioni del 28% (in calo rispetto al 31,5% del 2010). La maggioranza delle religioni o confessioni religiose occidentali sostengono la donazione e il trapianto degli organi. “Per molte persone il trapianto è l’unica via possibile per sopravvivere. Per altre è la speranza di guarire da gravi malattie o l’occasione per migliorare la qualità della propria vita. Tutto questo si può realizzare solo se organi e tessuti vengono donati”, spiega il dott. Antonio Gambacorta, presidente dell’Alto Comitato dei trapianti.
I contro
«Non sapremo mai il perché, le reali motivazioni profonde, di un sì o di un no. Quello che possiamo sapere o presumere di sapere è cosa non bisogna fare; cosa porta anche una persona che potenzialmente ti direbbe di sì, a dire di no», spiega Pier Paolo Donadio, direttore della Rianimazione all’ospedale Molinette di Torino e da due anni coordinatore dei corsi di formazione organizzati dal Centro nazionale trapianti. Dai questionari del Cnt (Centro nazionale trapianti) si evince che uno dei principali fattori che incide sulla decisione negativa è la difficoltà di spiegazione della morte cerebrale ai familiari da parte della struttura sanitaria, seguito dalle incomprensioni nelle relazioni fra paziente e ospedale. Le motivazioni religiose sono minime, così come il “mutismo difensivo”: il parente non si esprime e non vuole neanche spiegare il perché.