Gli anticorpi persistono nei pazienti fino ad almeno otto mesi dopo la diagnosi di Covid-19, indipendentemente dalla gravità della malattia, dall’età dei pazienti oppure ancora dalla presenza di altre patologie. Chi non riesce a produrre anticorpi entro i primi quindici giorni dal contagio invece è a maggior rischio di sviluppare forme gravi di Covid.
Sono questi i due risultati principali del più grande studio italiano realizzato su questo tema, condotto dall’Ospedale San Raffaele di Milano in collaborazione con l‘Istituto superiore di sanità (Iss) e pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Anticorpi Covid, studio condotto su 162 pazienti
Lo studio è stato condotto seguendo nel tempo ben 162 pazienti positivi al SarsCoV2, con sintomi di entità variabile, che si sono presentati al pronto soccorso del San Raffaele durante la prima ondata della situazione di emergenza sanitaria.
I primi campioni di sangue sono stati raccolti nei mesi di marzo-aprile 2020, mentre gli ultimi a fine novembre 2020. Il 57% dei malati studiati soffriva di una seconda patologia, oltre al Covid-19, al momento della diagnosi: ipertensione (44%) e diabete (24%) quelle più frequenti.
Su 162 pazienti, 134 sono stati ricoverati. Si è così visto che la presenza degli anticorpi neutralizzanti, pur riducendosi nel tempo, è risultata piuttosto persistente: a otto mesi dalla diagnosi erano solo tre i pazienti che non mostravano più positività al test, e questo indipendentemente dall’età oppure dalla presenza di altre patologie. Il 79% dei malati ha prodotto gli anticorpi entro le prime due settimane dall’inizio dei sintomi.
“I pazienti incapaci di produrre anticorpi neutralizzanti entro la prima settimana dall’infezione andrebbero identificati e trattati precocemente, in quanto ad alto rischio di sviluppare forme gravi di malattia” ha detto Gabriella Scarlatti, coordinatrice della ricerca.
Dai dati analizzati gli studiosi hanno poi verificato che la riattivazione degli anticorpi pre-esistenti per i coronavirus stagionali (come ad esempio quelli del raffreddore) non rallenta la produzione degli anticorpi specifici per il SarsCoV2 e non è associata ad un maggior rischio di forme gravi di Covid-19.
La coordinatrice della ricerca: “La protezione immunitaria persiste a lungo”
Sempre secondo Gabriella Scarlatti i risultati di questo studio “ci danno due buone notizie: la prima è che la protezione immunitaria data dall’infezione persiste a lungo. La seconda è che la presenza di una pre-esistente memoria anticorpale per i coronavirus stagionali non costituisce un ostacolo alla produzione di anticorpi contro il SarsCoV2″.
Il prossimo passo sarà quindi capire se queste risposte efficaci si mantengono anche con la vaccinazione e contro le nuove varianti in circolazione.