Covid, tutte le differenze tra la prima e la seconda ondata di contagi

La prima ondata è stata più letale ma è durata meno della seconda: è quanto emerge dal report di Altems che sottolinea il diverso impatto del virus nelle due ondate

ospedale covid
Foto Getty Images | Michele Lapini

Articolo aggiornato il 12 Gennaio 2021

La seconda ondata di contagi ha interessato un numero di italiani 8 volte superiore rispetto alla prima, considerando lo stesso numero di giorni, ovvero 109 giorni: dal 24 febbraio all’11 giugno, per la prima ondata, e dal 14 settembre al 31 dicembre 2020, per la seconda.

Nella prima ondata, come emerge dal report, sono state infettate 236.134 persone; mentre, dal 14 settembre al 31 dicembre, il numero di contagiati è stato pari a 1.822.841.  Questo è quanto emerge dal Focus dell’Instant Report Covid-19, uno studio dell’Altra Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica (ALTEMS), che ha confrontato l’andamento delle due ondate di contagi a livello nazionale.

L’andamento delle due ondate

Come già osservato nel numero speciale del Report di fine anno – commenta Americo Cicchetti, direttore di ALTEMS – la pandemia è una, ma sembrano quasi due eventi diversi“. Infatti, se la prima ha raggiunto il suo apice in poche settimane, la seconda è caratterizzata da un’onda lunga, che ha raggiunto più lentamente il plateau, rispetto alla prima.

Il 21 marzo, dopo 27 giorni dall’inizio della prima pandemia, è stato raggiunto il picco giornaliero della prima ondata con 6.557 persone nuovi contagi. Nella seconda ondata il picco di contagi è stato pari a 40.902 casi e si è raggiunto il 13 novembre, ovvero 61 giorni dopo l’inizio della seconda ondata, fissato simbolicamente al 14 settembre, data di inizi delle scuole. Dal report emerge, dunque, che l’andamento della crescita dei contagi è stato simile nelle due ondate fino al giorno 31: da quel momento la curva della prima ondata si è inclinata in modo molto più rapido.

La pressione sulle terapie intensive

Ma alla notevole differenza nell’andamento delle due ondate, la percentuale di pazienti che hanno dovuto ricorrere alla terapia intensiva è simile: si passa dal 10,6% durante la prima ondata al 9,3% della seconda. Un dato significativo che mette in luce come il sistema sanitario di molte Regioni si sia trovato “ugualmente spiazzato nell’affrontare sia la prima che la seconda ondata del coronavirus“, come evidenzia il direttore di ALTEMS.

Al momento dell’esplosione della pandemia, la dotazione dei posti letto in terapia intensiva era pari a 5.179 posti letto, pari a 12,5 ogni 100.000 abitanti, con significative variabili da regione a regione. Il 21 marzo 2020, la dotazione era salita a 8.431 posti letto. Secondo quanto riportato dal Commissario per l’Emergenza sul proprio sito, il 14 ottobre, erano operativi 6.458 posti letto, ovvero 1.963 in meno rispetto alla primavera.

Il tasso di positività

Un altro fattore da prendere in considerazione è il tasso di positività, ovvero il rapporto tra nuovi casi e tamponi effettuati. Nella prima ondata il tasso di positività più alto è stato pari al 46% e si è raggiunto al giorno 15; mentre nella seconda ondata il massimo valore si è raggiunto dopo 61 giorni ed è stato pari al 17,9%.

Le vittime

Nel corso della prima ondata sono morte complessivamente 34.167 persone, nella seconda ondata 38.549: la seconda ondata ha superato la prima al giorno 98. Il picco giornaliero delle vittime nella prima ondata si è raggiunto dopo 33 giorni, quando sono decedute 989 persone: da quel momento l’andamento è stato continuamente decrescente. Nella seconda ondata il picco massimo di 993 deceduti in un giorno si è raggiunto dopo 81 giorni, ma l’andamento ancora stenta a declinare in modo definitivo. La prima ondata risulta, tuttavia, più letale della prima: con una media settimanale del 14,9%, rispetto all’1,9% della seconda ondata.

La risposta delle Regioni

La risposta alla pandemia è stata prevalentemente basata sul potenziamento dell’organico sanitario: il numero di persone assunte supera le 30.000 unità da marzo a dicembre 2020 (al personale medico sono state integrate 5.703 unità). La Regione che in assoluto ha maggiormente incrementato il proprio organico è la Lombardia (+1.217) seguita dal Lazio (+652).

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