Con l’apertura dei ristoranti anche in orario serale, torna il dibattito sul coprifuoco. Molti ristoratori e anche diversi personaggi politici si sono espressi contro la decisione del governo di mantenere l’orario del coprifuoco alle ore 22. Ma, mentre il dibattito infuria, è uscito uno studio che calcola l’incidenza del coprifuoco sull’indice Rt. L’indagine nasce da MedRxiv, uno dei maggiori centri di ricerca europei, che firma un articolo dal titolo: “Conoscere l’efficacia degli interventi dei governi in Europa contro la seconda ondata del Covid-19”.
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Al primo posto la chiusura dei negozi
Gli studiosi hanno stilato una vera e propria classifica dei divieti che hanno cambiato la vita dei cittadini, a seconda della loro efficacia rispetto al contenimento della pandemia. Al primo posto delle misure più efficaci per contrastare la pandemia si classifica la chiusura dei negozi, che riduce del 35% l’indice Rt, mentre in coda si colloca la chiusura di scuole e università, che contribuiscono solo per il 7% al calo di questo parametro.
Il coprifuoco riduce del 13% l’indice Rt
Contrariamente a quanto sostenuto da diversi esponenti politici, il coprifuoco rappresenta un’altra importante misura di contenimento del virus, insieme all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Secondo gli studiosi, l’uso rigoroso di mascherine nei luoghi pubblici e il coprifuoco notturno hanno avuto “un moderato ma statisticamente significativo effetto pari rispettivamente al 12 e 13%“. I ricercatori chiariscono che naturalmente nessuna di tutte le misure cosiddette non farmacologiche può funzionare da sola.
Quanto incide la chiusura dei ristoranti
Anche la chiusura della ristorazione ha un largo effetto sulla trasmissione del virus con una riduzione dell’Rt del 12%. La medesima percentuale si riscontra per i locali da ballo e le attività non essenziali, come parrucchieri e centri estetici. Mentre si riduce al 3% il contributo di eventi culturali, come zoo, musei e teatri. Al contrario, è molto elevata l’incidenza del divieto di incontrare persone al di fuori della propria famiglia fino a un massimo del 30%.
Lo studio europeo: raccolti i dati di sette Paesi
Alla ricerca hanno contribuito alcune delle più prestigiose università europee, tra cui Oxford, Imperial College London School of Economy, Bristol, ma anche Copenaghen e Essen. I ricercatori hanno raccolto e confrontato i dati di sette Paese diversi, ovvero Austria, Repubblica Ceca, Germani, Inghilterra, Italia, Olanda e Svizzera, a seconda delle misure adottate. I dati risalgono al periodo tra il 1 agosto 2020 e il 9 gennaio 2021, e formano un database di oltre 5.500 voci di intervento.
Ogni area della ricerca includeva la data di inizio e fine dell’intervento e il bollettino giornaliero su casi e decessi. Grazie a un modello statistico, i ricercatori hanno analizzato il livello di incidenza dell’epidemia al momento dell’intervento, dell’Rt preesistente e del tempo di latenza necessario per ottenere l’effetto a partire dall’introduzione di un certo divieto.