Come si trasmette la tubercolosi? Contagio, sintomi e cure

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Come si trasmette la tubercolosi? Scopriamone di più sul contagio, i sintomi e le cure. La tubercolosi è una patologia causata dal batterio Mycobacterium tuberculosis o bacillo di Koch (dal suo scopritore tedesco) che, nella maggior parte dei casi, colpisce i polmoni. E’ sempre stata una malattia grave con un’elevata incidenza di mortalità, soprattutto nei Paesi sottosviluppati. Negli anni ’40, grazie alla scoperta dei farmaci antitubercolari e al miglioramento delle condizioni socio-sanitarie, il numero di casi patologici diminuì moltissimo fino quasi ad arrestarsi. Ma in realtà la malattia non scomparve, infatti si ebbe un ulteriore aumento negli anni ’80 e anche oggi in alcuni Paesi continua l’allarme.

Cause

Le cause sono da ricercare sia nella diffusione dell’AIDS, non più solo concentrata in alcune aree, ma anche nella resistenza batterica ai farmaci antitubercolari. Esistono dei fattori di rischio nella trasmissione della tubercolosi. Uno di questi è la lunga permanenza in ambienti chiusi a contatto con individui affetti dalla malattia. Anche gli ospedali rappresentano la sede più comune di contagio, soprattutto in condizioni di sovraffollamento o di condizioni igieniche non adeguate.
Oltre che da uomo a uomo, raramente può accadere che l’infezione venga trasmessa attraverso il latte bovino e i suoi derivati. Si tratta di casi incredibilmente eccezionali, specialmente nel nostro Paese, dove vengono messi in atto numerosi controlli veterinari e alimentari e dove i prodotti caseari vengono sottoposti a processi di pastorizzazione e sterilizzazione.

Diffusione

I ricercatori di recente hanno scoperto un numero elevatissimo di casi antibiotico-resistenti in Africa, Asia, Europa e America Latina. Gli studiosi specificano che i casi di cui si parla riguardano i tipi Mdr-Tb, tubercolosi multi-resistente, e Xdr-Tb, tubercolosi ampiamente resistente. Inoltre il 44% dei casi di Mdr-Tb, in Estonia, Lettonia, Russia, Perù, Filippine, Corea del Sud, Sudafrica e Thailandia, è risultato resistente anche ai farmaci di seconda scelta.
La diffusione dipende dall’alto livello di contagiosità del bacillo, da una diagnosi e da un intervento terapeutico ritardati e dall’uso di farmaci non proprio adeguati. Un altro fattore che causa l’aggravarsi della condizione clinica del paziente è rappresentato dalla concomitante presenza della Tbc e del virus dell’Hiv: l’interazione tra questi due microrganismi è letale, un’infezione aiuta l’altra, accelerandone il decorso. Il virus dell’Hiv riduce le difese immunitarie rendendo terreno fertile per il Mycobacterium.

Contagio

La tubercolosi si trasmette per via aerea. La sua trasmissione avviene per mezzo delle goccioline di saliva che il paziente emette durante la fonazione, durante gli starnuti e i colpi di tosse. Difficilmente il contagio avviene alla luce del sole, perché il bacillo è molto sensibile ai raggi ultravioletti. Le potenzialità del contagio variano in base al numero di bacilli presenti nell’escretato e alla durata del contatto. Perché avvenga la trasmissione si deve verificare un contatto abbastanza stretto e prolungato. Si sviluppa un’infezione attiva, se il sistema immunitario non riesce ad arginare la totalità dei germi nel giro di poche settimane.
I casi più comuni sono quelli in cui si sviluppa un’infezione latente, capace di riattivarsi a distanza d tempo. Spesso questo caso si verifica a causa della debilitazione del sistema immunitario, ad esempio per l’abuso di alcool e di droghe, per denutrizione, perché ci si sottopone a chemioterapia, perché si soffre di malattie autoimmuni, AIDS, o perché si fa un uso prolungato di farmaci corticosteroidi.
Il periodo di incubazione può variare da settimane ad anni, in relazione all’individuo e al tipo di infezione capace di determinare. In uno stadio iniziale, l’agente patogeno tende a colpire i polmoni, mentre in seguito può anche diffondersi in altre parti del corpo attraverso il flusso sanguigno, determinando complicanze differenti, in base alla localizzazione del focolaio di infezione. Oltre ai danni polmonari, che spesso sono irreversibili, possono manifestarsi forti dolori ossei e anche la meningite, quando la malattia colpisce il sistema nervoso centrale.
Nei casi più gravi si può arrivare a quella che viene chiamata tubercolosi disseminata o miliare, una condizione in cui la patologia è diffusa in tutto il corpo. L’infezione può disseminarsi in tutto l’organismo, coinvolgendo i reni, il sistema linfatico, l’apparato circolatorio, quello urinario, la colonna vertebrale, il cervello e la pelle. La diffusione dell’infezione in sede extrapolmonare è più frequente nei bambini e nelle persone che soffrono di immunodeficienza. Se non viene trattata tempestivamente e adeguatamente, la tubercolosi può essere anche fatale.

Sintomi e diagnosi

I sintomi sono costituiti principalmente da tosse, che può diventare anche cronica e che in alcuni casi può essere accompagnata dalla presenza di sangue nell’espettorato, dolore al petto, febbre, sudorazione, perdita di peso. Nonostante i sintomi, la diagnosi di tubercolosi non è semplice da effettuare. Per evidenziare la presenza del batterio viene utilizzato, principalmente, il test della tubercolina (quello di Mantoux), che consiste nell’inoculare nel braccio una sostanza, appunto la tubercolina. Nel caso di risposta positiva a questo esame, è necessaria una radiografia toracica per confermare la presenza della patologia a livello polmonare.
Un altro esame è quello che gli specialisti eseguono sull’espettorato del paziente (strategia Dots): osservazione costante da parte di un operatore per almeno 6-8 mesi di terapia. In sostituzione della radiografia può essere utilizzata anche la tomografia computerizzata, che fornisce immagini chiare, facilitando il riconoscimento anche di piccole lesioni. In alcune situazioni è necessaria anche una broncoscopia, per prelevare un campione all’interno dei polmoni, sul quale effettuare analisi istologiche.

Cure

I farmaci utilizzati sono gli antibiotici: rifampicina, etambutolo (o streptomicina), pirazinamide, isoniazide. Questa terapia deve essere seguita per almeno 2 mesi. Nei successivi 4 o 6 mesi si continua l’assunzione di 2 farmaci in associazione, come ad esempio isoniazide e etambutolo. Purtroppo queste terapie stanno andando incontro alla resistenza batterica, in questi casi si prosegue con i farmaci di seconda linea, più costosi e con maggiori effetti collaterali. Sono sicuramente dei tempi molto lunghi, ma necessari per affrontare l’emergenza.
Lo specialista può optare anche per un trattamento di chemioprofilassi, soprattutto nei pazienti che presentano l’infezione in forma latente. Lo scopo è quello di distruggere i batteri inattivi e di evitare lo sviluppo di evoluzioni della patologia. Soprattutto questa precauzione è fondamentale nei bambini piccoli e nelle persone infette da Hiv. Generalmente a scopo preventivo viene somministrato un singolo farmaco (isoniazide) in dosi da prendere ogni giorno o ogni 2 settimane, per un periodo di 9 mesi.
Nei pazienti con infezione attiva, la combinazione di vari antibiotici può comportare anche lo sviluppo di effetti collaterali, come il pericolo di malattie epatiche in generale e, in particolare, di epatite. Per questo è molto importante tenere sotto controllo, per tutta la durata della terapia, la funzionalità del fegato attraverso l’esame delle transaminasi. Molto complicato è il trattamento dei pazienti sieropositivi colpiti da tubercolosi, perché alcuni farmaci utilizzati nel trattamento dell’AIDS, per la terapia antiretrovirale, possono interagire con gli antibiotici, portando alla diminuzione dell’efficacia di entrambe le cure.
La probabilità di un successo terapeutico dipende da molti fattori. Oltre alla resistenza del ceppo batterico, tutto è da rapportare alla gravità della malattia e al livello di compromissione del sistema immunitario del paziente. La cura assegnata dal medico deve essere portata avanti fino al termine del ciclo terapeutico. Anche se la maggior parte dei pazienti si sente meglio dopo poche settimane, deve portare avanti la terapia antibiotica e non sospenderla prima del tempo necessario.
Esiste anche un vaccino contro la tubercolosi, che attualmente è obbligatorio in vari Paesi del mondo. La protezione di questa vaccinazione è massima soprattutto per i bambini residenti in zone endemiche, mentre può diventare più bassa nelle aree dove i batteri sono meno prevalenti. Per gli adulti, invece, il vaccino attualmente disponibile risulterebbe inefficace. La ricerca scientifica si sta occupando di studiare altri tipi di vaccini, che sono ancora in una fase di sperimentazione.

Vitamina D

Una positiva notizia giunge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Londra: aggiungendo la vitamina D alla terapia antibiotica la risposta immunitaria è migliore. La vitamina D aiuterebbe nel combattere l’infiammazione, proteggendo i polmoni da ulteriori effetti collaterali. Secondo la ricerca londinese, pubblicata sul Proceedings of the National Academy of Sciences, questa vitamina sarebbe utile anche nei casi di polmonite.