Ci può essere vita dopo la morte? La parola alla ricerca. Per rispondere a questa domanda, infatti, un gruppo di ricercatori inglesi dell’Università di Southampton ha condotto uno studio su un campione di duemila pazienti colpiti da arresto cardiaco e ha indagato il livello di consapevolezza delle persone clinicamente decedute. L’esito dell’analisi, della durata di quattro anni e denominata Aware study, è stato pubblicato sulla rivista Resurrection e ha evidenziato come molti pazienti in rianimazione abbiano mantenuto per diversi minuti un qualche grado di coscienza nonostante il quadro clinico che evidenziava il decesso.
Una spiegazione scientifica
Questi ricercatori hanno valutato la possibilità che i pazienti in arresto cardiaco mantengano un certo grado di coscienza anche durante gli interventi di rianimazione, sebbene clinicamente sia stato dimostrato che l’attività del cervello (e quindi la coscienza) cessi entro dieci secondi dal blocco della circolazione cardiopolmonare. Com’è possibile questo? L’ipotesi indagata dagli studiosi è che la permanenza di un livello anche minimo di coscienza su questi pazienti possa attivare un qualche tipo di esperienza sensoriale tale da far sorgere specifici deficit cognitivi. Infatti, i ricercatori hanno scoperto che il 46% dei sopravvissuti possedeva ricordi risalenti alla rianimazione legati in particolare a sette temi ricorrenti quali una forte paura di morire, episodi di violenza, animali e piante, una forte luce, déjà vu, ricordi familiari ed eventi successivi all’arresto cardiaco. Dallo studio è emerso, inoltre, che il 9% dei pazienti ha avuto esperienze di pre-morte o ricordi dei minuti durante i quali il loro cuore aveva smesso di battere, mentre il 2% avrebbe mantenuto una vera e propria coscienza in quei momenti.
Interpretazione dei risultati
I risultati scientifici dello studio condotto dai ricercatori inglesi ha evidenziato come la coscienza possa essere presente anche in assenza di segnali clinicamente rivelabili. Tutto questo, però, non deve essere interpretato erroneamente come la dimostrazione dell’esistenza della vita dopo la morte. La scienza, infatti, parla di morte solamente di fronte a una situazione cerebrale irrecuperabile, laddove cessino tutte le funzioni dell’encefalo in modo irreversibile. In assenza di coscienza o quando si verifica un arresto della circolazione cardiopolmonare, invece, l’attività cerebrale è assente o minima e si è in presenza di morte clinica. Infatti, se durante un arresto cardiaco la pressione del sangue non sparisce completamente il cervello utilizza lo scarso flusso rimanente per mantenere attive alcune aree fondamentali, facendo sì che rimanga presente un qualche livello di coscienza oggetto, appunto, dell’ Aware study.