Arriva una nuova scoperta molto importante, che potrebbe aprire la strada a nuove cure nell’ambito delle malattie neurodegenerative, come ad esempio il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. È stato infatti possibile identificare nel cervello una sorta di interruttore molecolare che gestisce e regola la produzione della proteina tau, coinvolta proprio in queste tipologie di patologie.
Protagonista dello studio, il gruppo di ricerca internazionale guidato da Roberto Simone dell’University College di Londra (UCL), che ha scovato una lunga molecola di Rna non codificante (lncRNA), simile a quelle che vanno a modulare la produzione di altre proteine, tra cui la beta-amiloide e l’alfa-sinucleina.
I risultati sono stati pubblicati sulla rinomata rivista scientifica Nature. Questa ricerca, cui ha partecipato anche il Centro di biologia integrata (CIBIO) dell’Università di Trento, potrebbe ora spalancare le porte a nuove terapie a base di Rna.
Secondo Roberto Simone, coordinatore della ricerca: “La proteina tau ha un ruolo vitale nelle cellule del cervello: serve a stabilizzare e mantenere le strutture del citoscheletro che permettono il trasporto dei materiali lì dove servono”. Quando però questa proteina è presente in maniera eccessiva: “risulta dannosa perché diventa tossica e potenzialmente è in grado di danneggiare le cellule e favorire la diffusione e la progressione della malattia degenerativa”.
Cervello, il ruolo della proteina tau
Sempre Simone conferma che, sebbene la proteina tau sia stata al centro di studi che vanno avanti da oltre trent’anni, “finora non sapevamo come venisse controllata la sua produzione”. Oggi, anche grazie ad una serie di esperimenti su cellule e modelli animali, prodotti nell’ambito di questo studio, è stato possibile scovare una particolare molecola di lncRNA, il cui ruolo è quello di fungere da interruttore, andando a regolare il controllo della produzione proprio della proteina tau.
Rohan De Silva, studioso dell‘University College di Londra ha poi spiegato: “Se trovassimo un modo per potenziare i livelli di questo lcnRNA potremmo ridurre la produzione di tau, cosa che potrebbe rallentare o fermare la distruzione delle cellule nel cervello”.
“Questo studio arriva al momento giusto”, ha concluso poi Michela Denti, tra gli autori dello studio e specializzata nello sviluppo di terapie a Rna contro la neurodegenerazione, che ha poi aggiunto: “Il settore si sta sviluppando con una velocità senza precedenti. I progressi tecnologici a cui stiamo assistendo ci permetteranno presto di portare queste molecole di Rna nel distretto più inaccessibile del corpo: il cervello”.