Che cosa accade al cervello quando si trova in situazione di riposo? A questa domanda prova a rispondere un nuovo studio teorico condotto da un team di ricercatori italiani. I risultati hanno evidenziato che il cervello produce attività spontanea simile a quella registrata durante il comportamento attivo.
Infatti, pare che, in assenza di compiti particolari, l’attività cerebrale spontanea possa servire a ottimizzarne le capacità di apprendimento e le prestazioni future del cervello. I risultati di questo studio sono stati presentati sulla rivista Trends in Cognitive Sciences e sono frutto di una ricerca condotta dal Cnr, Università di Padova, Irccs Ospedale San Camillo Venezia, Padova Neuroscience Center e Veneto Institute of Molecular Medicine.
Il cervello potrebbe favorire l’apprendimento anche a riposo
Dopo aver sintetizzato i risultati di molti esperimenti comportamentali e di neuroimmagini, i ricercatori ipotizzano che il cervello si comporti in modo simile a una particolare classe di algoritmi computazionali. “L’attività spontanea del cervello potrebbe riflettere il funzionamento di un modello generativo“, spiegano i ricercatori Giovanni Pezzulo, dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc) di Roma, e Marco Zorzi, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e Irccs Ospedale San Camillo Venezia.
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Il sistema dei modelli generativi
I modelli generativi sono utilizzati nel settore dell’Intelligenza Artificiale per la loro capacità di generare spontaneamente degli stimoli come immagini o video simili a quelli che hanno appreso. Allo stesso modo, il modello generativo del cervello è utile per la risoluzione di compiti specifici, come il riconoscimento di un volto o la pianificazione di un’azione da svegli, ma rimane attivo anche quando è a riposo.
Dunque, anche in stato di riposo, l’attività spontanea del cervello potrebbe servire a ottimizzarne le capacità di apprendimento e le prestazioni future. “La nostra ipotesi fornisce una nuova chiave di lettura per comprendere più a fondo le funzioni dell’attività spontanea cerebrale“, spiega Pozzuolo. E conclude: “Ci proponiamo di testarla ulteriormente attraverso nuovi esperimenti e modelli computazionali“.