Cellule staminali cordonali, una speranza per i malati di SLA

cellule staminali cordone ombelicale

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Secondo uno studio dell’Istituto Mario Negri di Milano presentato all’incontro annuale dell’American Academy of Neurology di Philadelphia, gli ex calciatori sarebbero 2 volte più a rischio di ammalarsi di SLA rispetto al resto della popolazione.

Lo studio, che ha preso in esame quasi 24.000 giocatori di Serie A, B e C del periodo 1959-2000, ha messo in luce che nei giocatori di serie A il rischio di ammalarsi di sclerosi laterale amiotrofica sarebbe addirittura 6 volte maggiore e precoce.
Tra le terapie più all’avanguardia nel trattamento della SLA ci sono le cellule staminali cordonali, oggi ancora in fase di sperimentazione, ma che potrebbero aprire presto nuove prospettive nel trattamento di questa malattia, che porta a una progressiva ma inarrestabile debolezza muscolare, atrofia, disfagia e disartria e insufficienza respiratoria nelle fasi terminali.
Spiega la dott.ssa Renata Zbiec, general manager di FamiCord, principale fornitore europeo di terapie con cellule mesenchimali estratte dalla gelatina di Wharton del tessuto del cordone ombelicale, impiegate nel trattamento dei pazienti affetti da SLA: “L’impiego delle cellule staminali cordonali in esperimenti condotti su animali hanno confermato che le cellule staminali mesenchimali possono inibire l’apoptosi del motoneurone e l’espressione del fattore infiammatorio e aumentano l’espressione del fattore neurotrofico. Al momento, la sperimentazione punta a verificare che l’iniezione di cellule staminali sui pazienti affetti da SLA sia priva di effetti collaterali. Uno studio condotto dall’Istituto di terapia cellulare polacco, in collaborazione con il Dipartimento di Neurologia e Neurochirurgia dell’Università di Warmia e Masuria a Olsztyn, ha dimostrato che l’iniezione intratecale di cellule staminali mesenchimali cordonali è ben tollerata nei pazienti affetti da questa patologia. Durante la sperimentazione, che ha coinvolto 43 malati (16 femmine e 27 maschi, di età media di 57,3 anni), i pazienti sono stati sottoposti a due somministrazioni, a distanza di due mesi, di cellule staminali mesenchimali cordonali attraverso iniezioni intratecali nella regione cervicale, toracica e lombare. Nei sei mesi di trattamento presi in esame, solo un paziente ha lamentato cefalea dopo la prima iniezione”.
Questi risultati aprono nuove prospettive nella ricerca di terapie efficaci nel trattamento della SLA, ma non solo.
Le cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale subito dopo il parto possono essere impiegate per il trattamento di 80 patologie del sistema immunitario e sanguineo, come anemie, leucemie e linfomi, talassemie, malattie autoimmuni, e in trial per disordini del sistema nervoso e metabolico, nel trattamento della SLA, di paralisi cerebrale e spina bifida, autismo, nella ricostruzione delle cellule del cuore dopo un infarto, delle cartilagini e delle giunture. Ad oggi sono stati effettuati oltre 40.000 trapianti con questo tipo di cellule staminali, di cui quasi 700 in Italia.
Precisa il dott. Mario Fadin, specialista in ostetricia e ginecologia presso Centro Medico Sempione a Milano: “Le cellule staminali, a prescindere dalla loro provenienza, sono cellule non specializzate, in grado di replicarsi indefinitivamente rimanendo identiche o trasformandosi in cellule diverse specializzate. Questo significa che si possono impiegare per generare nuove cellule del sangue e del sistema immunitario, ma anche altri tipi di cellule come quelle nervose e muscolari danneggiate da una malattia. Le cellule staminali cordonali sono simili a quelle prelevate dal midollo ma hanno una vitalità e una capacità proliferativa tali da generare un numero di cellule circa sette volte maggiore rispetto alle staminali del midollo osseo. Inoltre, sono incontaminate, perché protette dall’utero materno da virus, infezioni batteriche e inquinamento, e il relativo grado di immaturità immunologica rispetto a quelle midollari fa sì che presentino minor rischio di rigetto una volta trasfuse in quanto richiedono una compatibilità inferiore (4/6 loci invece di 9/10 o 10/10 loci midollo osseo)”.
Dal cordone ombelicale si estraggono due tipi di cellule: emopoietiche e mesenchimali. Le prime sono prelevate dal sangue che resta nel cordone ombelicale subito dopo il parto e grazie alla loro capacità di dare origine a globuli rossi, bianchi e piastrine trovano impiego nella cura di malattie del sangue e del sistema immunitario. Le cellule mesenchimali, prelevate dal tessuto del cordone e non dal sangue, hanno un potenziale rigenerativo dei tessuti in quanto si dividono ciclicamente e vanno a sostituire le cellule danneggiate o che presentano segni di invecchiamento.
In Italia la raccolta del sangue cordonale è possibile in tutti gli ospedali e avviene dopo un minuto ed entro i tre minuti dopo il taglio del cordone ombelicale, sia in caso di parto naturale sia cesareo. Da questo sangue, opportunamente processato, vengono estratte le cellule staminali, che possono essere conservate presso una banca del cordone ombelicale privata familiare, per uso personale del bambino o di uno dei familiari, o in ambito pubblico per dare la possibilità di cura alle persone che necessitano di trapianto di cellule staminali.
“Conservare le cellule staminali del proprio bimbo significa garantire protezione della salute a tutta la famiglia, perché tali cellule staminali sono compatibili potenzialmente anche con i genitori e i fratelli. Ma anche dare un contributo alla società qualora si scelga di donarle alla banca pubblica. Ad oggi in Italia il 95% dei cordoni ombelicali viene gettato nei rifiuti speciali, uno spreco di risorse dovuto alla mancanza di conoscenza delle potenzialità in essi custodite. Crediamo che ogni genitore debba poter scegliere consapevolmente di conservare le cellule staminali del proprio figlio per assicurarne il futuro”, conclude il dott. Fadin.