Caridopatie: quelle genetiche rare ma pericolose

In alcune malattie questi sintomi possono comparire già nell’infanzia e nell’adolescenza, come nel caso della CPVT, o tra i 20 e i 45 anni, come accade nella sindrome di Brugada

visita-cardiologica
Ne sono convinti i cardiologi esperti in aritmologia e cardiostimolazione dell’ IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, quando dicono che le malattie cardiache genetiche possono rappresentare un serio pericolo per la vita; ne deriva che è bene sapere come ci si debba comportare di fronte a queste patologie anche in quei casi di vera e propria emergenza.
L’insidia delle patologie cardiache genetiche è per lo più rappresentata dal fatto che parliamo di malattie spesso silenti, ciò perché il cuore del paziente in apparenza è sano ed i sintomi, ove presenti, sono del tutto sfumati e di difficile localizzazione, anche se bisogna ricordare che non si parla di totale asintomaticità della malattia, si pensi a quei casi in cui eventuali aritmie sono in grado di provocare palpitazioni fino al vero e proprio svenimento.
 
In alcune malattie questi sintomi possono comparire già nell’infanzia e nell’adolescenza, come nel caso della CPVT, o tra i 20 e i 45 anni, come accade nella sindrome di Brugada. In alcuni casi è anche possibile che il paziente non manifesti alcun disturbo e che la malattia venga diagnosticata o sospettata in modo casuale nel corso di accertamenti cardiaci casuali o eseguiti per lo svolgimento dell’attività sportiva».
 
Ne deriva che la prevenzione debba essere il vero baluardo da contrapporre alla malattia e volto alla diagnosi precoce di quelle patologie curabili quasi sempre con farmaci specifici. «L’obiettivo della terapia è quello di evitare o stroncare sul nascere eventuali aritmie ventricolari perché queste, in alcuni casi, possono essere fatali e portare alla cosiddetta morte improvvisa – spiega la professoressa Priori -. È poi molto importante che i genitori e i famigliari di persone affette da patologie cardiache con rischio di morte improvvisa aritmica conoscano le azioni di primo intervento, sappiano mettere in atto le manovre di rianimazione e imparino a utilizzare i dispositivi che possono bloccare una grave aritmia cardiaca erogando una specifica corrente sul torace del paziente. Ciò che accade nei primissimi minuti di un arresto cardiaco è infatti determinante per la sopravvivenza del malato». Ed è proprio da questa esigenza specifica che è nata l’idea di fare dei corsi di formazione per genitori di bambini a rischio morte improvvisa.