Poter contare sulla pratica dell’attività fisica è fondamentale per la nostra salute. Tenersi in allenamento contribuisce a determinare molti vantaggi sia a livello fisico che mentale. Ma c’è proprio chi non ce la fa ad andare in palestra o a dedicare parte del proprio tempo a correre. Si tratta solo di pigrizia o c’è anche dell’altro?
Secondo quanto è stato affermato da una ricerca condotta presso l’Università della California di Riverside non si tratterebbe di semplice voglia di oziare, ma tutto potrebbe dipendere dai geni. In sostanza la predisposizione all’attività fisica sarebbe ereditaria. Ci sono infatti determinati geni che influenzano in maniera diretta il nostro atteggiamento verso l’attività fisica. Questo spiegherebbe come mai molte persone manifestano una certa ritrosia nel dedicarsi al movimento.
Praticare uno sport fa molto bene alla salute, perchè costituisce un valido aiuto per il nostro apparato cardio – vascolare, per combattere l’obesità e per contribuire in maniera evidente al nostro benessere fisico e mentale. L’attività fisica offre davvero notevoli vantaggi a chi la pratica. Ma bisogna tenere conto anche delle nostra caratteristiche genetiche.
Uno studio pubblicato sulla rivista “Journal of Applied Physiology” rivela a questo proposito che l’efficacia dello sport in termini di benefici che è possibile ricavare è molto influenzata dai nostri geni. A volte capita infatti di passare ore e ore in palestra o a correre all’aria aperta, per poi accorgersi che non riusciamo ad ottenere quei benefici che speravamo in relazione alla nostra forma fisica.
Tutto sta anche nella nostra capacità di immagazzinare la quantità adeguata di ossigeno che ci permette di mettere in atto un’attività fisica adeguata al raggiungimento di determinati obiettivi. Ma in realtà la nostra capacità aerobica è legata ad una particolare combinazione di 30 geni, che sembra influenzarla in maniera determinate. I geni influiscono sulla nostra attività aerobica e sugli effetti che ricaviamo dall’attività fisica per quanto riguarda il benessere del nostro apparato cardiocircolatorio.
Diventa quindi importante stabilire dei parametri che abbiano valore a livello individuale, per riuscire a mettere in atto percorsi di allenamento personalizzati, che rispondono alle esigenze di ciascun individuo.
Prestazioni atletiche e cervello
Nello sport non conta soltanto la bravura, che può essere una dote innata, ma un ruolo fondamentale spetta anche all’esperienza. Prevedere le mosse dell’avversario nei giochi di squadra, riuscire ad intuire i processi direzionali, misurarsi con idee dettate dall’osservazione. Tutte operazioni che richiedono una certa abilità che può essere acquisita con il tempo.
Si tratta in sostanza di un processo che coinvolge specifiche aree del nostro cervello e in particolare quelle regioni della corteccia cerebrale che sono deputate all’osservazione dei movimenti e alla preparazione a mettere in atto determinati comportamenti. Lo ha messo in evidenza Michael Wright della Brunel University, che ha sottolineato il coinvolgimento specifico delle nostre capacità cerebrali rese più mature dall’esperienza.
Spesso si pensa che in determinati sport conti soltanto la prontezza di riflessi, che solo una persona giovane riesce a mettere in atto. Ma in realtà le cose non stanno esattamente così, visto che i soggetti più grandi possono contare sull’esperienza che hanno acquisito negli anni e che inevitabilmente è andata ad incidere sul cervello. In uno specifico esperimento alcuni sportivi riuscivano a prevedere in quale parte del campo sarebbe caduto un volano per mezzo della visione di un filmato.
Una capacità non indifferente che può essere supportata soltanto da zone del nostro cervello che rispondono alle sollecitazioni di un bagaglio di conoscenze imparate nel tempo. Essere scattanti e veloci può avere un suo peso, ma anche il nostro cervello fa la sua parte nel permettere di portare avanti un’attività sportiva in maniera adeguata.