Articolo aggiornato il 16 Gennaio 2009
Una situazione meno drammatica di quanto si potesse a prima vista pensare è quella che riguarda il grado di gradimento degli italiani rispetto al Servizio Sanitario Nazionale, ritenuto, secondo un’inchiesta promossa dal Sindacato Medico, gradito a 54 italiani su 100, con la conseguenza che il privato piace soltanto a 3 italiani su dieci che considerano gli operatori sanitari pubblici più attenti e competenti rispetto ai loro colleghi che operano nel privato.
Si tratta pero’ di capire se è dappertutto così, oppure se la onnipresente forbice fra nord e sud crea ancora quel divario fra due Italie che vanno, come al solito, a velocità diverse.
Secondo i promotori dell’indagine, la cosiddetta customer satisfaction, indicando con essa il grado di soddisfazione nei confronti di un servizio fruito rivolto nello specifico ad un pubblico rappresentato da mille soggetti di età superiore ai 25 anni, non mancano i motivi di soddisfazione derivanti dalle risposte ottenute. “Le iniziative di customer satisfaction sono un pezzo importante della programmazione” ha detto il Sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, intervenendo oggi alla presentazione dell’indagine “Gli italiani e il SSN”. “Ci conforta vedere che la fiducia degli italiani nella competenza dei medici è elevata; emerge una mancanza di umanizzazione nei confronti dell’ammalato ed è su questo che dobbiamo lavorare. Sono soddisfatto che la materia di base, che è rappresentata dagli uomini, ci sia perché questa è la cosa fondamentale.
Sul binomio pubblico/privato vorrei chiarire una cosa – ha aggiunto Fazio – nessuno mette in discussione la governance pubblica del nostro sistema sanitario nazionale. Esiste comunque un privato virtuoso, che spesso si identifica con i grandi ospedali che riescono ad inserirsi bene in questa governance, ed esiste poi un privato dannoso, rappresentato a volte da piccole strutture”.
Tuttavia resta il divario Nord e Sud, visto che nel Nord preferisce il pubblico una popolazione pari al 66% del totale mentre la percentuale scende al 41% al Sud, fatto abbastanza comprensibile questo se si pensa che la qualità dei servizi è ben diversa in queste due porzioni d’Italia e dove la cosiddetta “malasanità” è la causa primaria della sfiducia da parte dell’utenza verso l’intero sistema.
“La gestione delle inadeguatezze – ha spiegato il Sottosegretario Fazio – è di competenza regionale. Le Regioni più critiche sono Campania, Sicilia e Lazio, per cui abbiamo predisposto piani di rientro che aiuteranno queste Regioni ad uscire dalle condizioni non ottimali di gestione dei servizi. Il Ministero metterà la sanità a sistema, con indicatori di input e output, per misurare anche ciò che il sistema produce”.
Nel novero delle mancanze ritenute gravi, si fa riferimento anche agli anziani ed all’assenza di umanizzazione del paziente, anche se in questa direzione non si possono negare dei passi avanti fatti da un sistema, come quello Sanitario Pubblico, relativamente giovane che pero’ può confrontarsi con quello di altri Paesi europei senza sfigurare del tutto, pur non disponendo di quelle potenzialità per essere uno dei migliori sistemi sanitari del mondo.
“Inoltre – ha evidenziato Fazio – alla domanda se è meglio una tutela pubblica della salute o è meglio fare da soli, gli italiani hanno confermato una tendenza, che è propria dell’Europa, a volere una sicurezza pubblica per il loro bene primario”. Il Sottosegretario alla Salute ha portato l’esempio dell’ospedale ideale del Prof. Umberto Veronesi: “è il nostro modello, ma ha costi troppo elevati e cozza con le situazioni concrete che ci troviamo di fronte. Per il momento prevediamo corsi di educazione per i medici verso un’umanizzazione delle cure e con i piani di rientro speriamo di risolvere presto le inefficienze”.
Alla domanda sulla situazione dei LEA, i livelli essenziali di assistenza Fazio risponde: “a settembre abbiamo concordato con le Regioni i nuovi LEA, in cui sono stati inseriti tutti quelli previsti per le categorie più deboli. Il problema è politico e siamo in attesa che la Presidenza del Consiglio ci convochi per inserirli nel Patto della Salute, che sarà complessivo per i prossimi anni”.