L’anisakis è un verme del pesce crudo in grado di provocare una malattia conosciuta con il nome anisakidosi, i cui sintomi sono estremamente pericolosi per la salute: per queste ragioni, è importante conoscere i modi in cui avviene il contagio e qual è la cura più adatta per riuscire a guarire.
È importante prestare attenzione alla propria alimentazione, sia a casa che al ristorante. Ma qual è la sintomatologia esatta dell’anisakidosi? Quale il trattamento per poter giungere alla guarigione, il prima possibile? Scopriamo di più in merito.
Cos’è
Cos’è l’anisakis? Come anticipato prima, si tratta di un verme parassita che è capace di annidarsi nelle pareti dello stomaco e che può essere ingerito semplicemente mangiando del pesce crudo o, comunque, poco cotto, marinato o in salamoia. Il nome scientifico della malattia provocata dall’anisakis è l’anisakidosi, la quale è diffusa soprattutto nelle zone del mondo in cui si consuma maggiormente il pesce crudo: ad esempio, in Giappone, ma anche in Europa e USA da quando è impazzata la passione per il sushi, che può essere anche causa della sindrome sgombroide. Secondo alcuni studi effettuati presso il mercato ittico di Venezia, 935 pesci esaminati su 2.742 presentava larve di anisakis al loro interno, dunque ben il 34% dei pesci era infetto. Questo parassita è visibile a occhio nudo: si tratta, infatti, di vermi lunghi e somiglianti a capelli bianchi.
I sintomi
I sintomi dell’anisakidosi includono dolori addominali, diarrea, sangue e muco nelle feci, nausea, vomito, meteorismo, distensione addominale e febbre. Nei casi più gravi, possono, poi, verificarsi forti mal di pancia, ostruzione dell’intestino tenue e perforazioni intestinali e dello stomaco. La sintomatologia può fare la propria comparsa da un’ora a due settimane dall’ingestione delle larve in questione presenti nel pesce crudo e, solo raramente, queste vengono espulse con il vomito. Potrebbero, inoltre, verificarsi bruciore in gola e sensazione di prurito provocati dal verme che si muove nella bocca e nella gola. Questo parassita, oltre all’anisakiasi, può causare anche delle allergie: l’anisakiasi gastro-allergica, che provoca orticaria e una forma anafilattica che può provocare shock anafilattici e morte. I sintomi possono, inoltre, proseguire anche dopo la rimozione o la morte del parassita.
Le cause e il contagio
Come già detto, l’anisakidosi è una patologia provocata da un verme parassita conosciuto con il nome “anisakis”, che si trova all’interno del pesce crudo o, comunque, poco cotto, marinato o in salamoia. Il contagio avviene, quindi, tramite l’ingestione delle larve, le quali si posizionano nella parete dell’apparato digerente e, in altri casi, anche di quella intestinale, perforandola e raggiungendo il resto dell’organismo.
La diagnosi
Alla comparsa dei primi segni e sintomi, è necessario recarsi al pronto soccorso, dove un medico – tramite una serie di analisi ed esami – stabilirà la diagnosi e la terapia più adatta al caso specifico. Oltre allo studio dei sintomi, alla visita medica e agli esami del sangue, potrebbe essere necessario effettuare ulteriori test, come l’endoscopia, la radiografia o la gastroscopia: una volta estratto, il verme viene sottoposto a diagnosi parassitologica.
La cura
Quali sono i rimedi contro l’anisakidosi? La cura consiste, prima di tutto, nella rimozione del parassita dall’organismo mediante endoscopia o intervento chirurgico ma, in alcuni casi, l’infezione può anche risolversi da sola con un trattamento sintomatico e con l’espulsione del parassita tramite vomito, tosse o feci. Quando l’infezione porta a un’ostruzione dell’intestino tenue, potrebbe essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico: l’ostruzione avviene quando il verme riesce a bucare la mucose e viene aggredito dal sistema immunitario, formando un granuloma che può provocare l’occlusione intestinale.
La prevenzione
Di fondamentale importanza è la prevenzione e attuare delle precauzioni per il consumo di pesce crudo. È opportuno evitare di consumare pesce crudo o poco cotto: la cottura del pesce deve avvenire almeno a una temperatura di 63 °C per poter uccidere eventuali parassiti; mentre, il congelamento dovrebbe avvenire almeno a meno 18 °C per 24 ore: sia le alte che le basse temperature sono nemiche di questo verme.
La prognosi
Infine, la prognosi dipende da diversi fattori, quali la gravità della condizione, la cura intrapresa e la tempestività nell’attuarla, oltre che l’età e lo stato di salute del paziente. Ad ogni modo, è raro che il parassita giunga a maturazione negli esseri umani: generalmente, infatti, viene eliminato spontaneamente entro tre settimane dall’infezione.