Articolo aggiornato il 20 Maggio 2012
La musica, non è una novità, è un vero e proprio toccasana per il cervello di giovani e meno giovani, adulti e bambini: secondo i risultati di una recente ricerca, però, la musica si rivela anche l’alleato migliore per il cervello dei più piccoli, dei neonati, per aiutarli a sviluppare abilità e funzioni cognitive. Ascoltare, ma, soprattutto “fare” musica è l’attività perfetta per i più piccoli, che tra un tamburello e una nota migliorano le proprie capacità cognitive e comunicative.
La musica come protagonista della strategia vincente per allenare al meglio il cervello dei neonati, ma anche per migliorarne le capacità comunicative e la positività: ecco quanto sostiene una vera esperta dell’argomento, di ricerche su musica e sviluppo mentale, Laurel Trainer, direttrice del canadese McMaster Institute for Music and the Mind, sulle riviste Developmental Science e Annals of the New York Academy of Sciences.
Secondo la specialista, che studia gli effetti della musica sul cervello umano, non basta solo far ascoltare al piccolo un brano musicale. E’ fondamentale avvicinare il bimbo alla musica “dal vivo”, facendolo diventare protagonista di note e suoni. Il consiglio è di far partecipare attivamente i neonati a vere e proprie lezioni di musica, pensate e ideate su misura per loro: i piccoli realizzano piccoli suoni, battendo su strumenti a percussione, cominciano a seguire il ritmo accennando anche qualche verso, quasi canticchiando.
Il gruppo di ricercatori canadesi, per evidenziare l’importanza della musica nello sviluppo cognitivo e cerebrale dei bambini, hanno studiato, per un periodo di sei mesi, le reazioni e il comportamento di piccoli alunni, di età inferiore di un anno, iscritti, in compagnia dei loro genitori, a lezioni di musica interattive e di bimbi abituati a giocare accompagnati da un sottofondo musicale.
I due approcci alla musica hanno dato, al termine dell’osservazione, risultati differenti: i piccoli allievi, impegnati in lezioni di musica attive, hanno mostrato migliori capacità cognitive, comunicative e un atteggiamento più positivo, rispetto ai coetanei che ascoltavano, senza partecipazione, le melodie in sottofondo.
“Questi piccoli sorridevano più degli altri e sembravano più tranquilli mostrando meno disagio nei confronti di cose e persone che non conoscevano” ha sottolineato la dottoressa Trainer, a capo del gruppo di ricerca canadese. I piccoli musicisti, o apprendisti tali, alle prese con le prime prove di musicalità, si sono dimostrati anche più ricettivi verso gli stimoli esterni e più pronti a interagire con loro e con le altre persone, gesticolando e indicando gli oggetti.