Preferenze e abitudini alimentari diverse, questione di cultura, tradizione o c’è qualcos’altro sotto? Secondo quanto emerso dai primi risultati di uno studio, condotto dai genetisti del Progetto MarcoPolo2010, che stanno lavorando all’analisi dei dati nel Laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Burlo Garofolo e del Consorzio di Biomedicina Molecolare di Trieste, ci sarebbe anche lo “zampino” della genetica nelle scelte a tavola. Risultati interessanti, che il team di scienziati, esperti del corredo genetico umano, hanno presentato nel corso della conferenza a Terra madre, il meeting organizzato ogni due anni da Slow Food, e che evidenzierebbero un legame tra le abitudini alimentari e il Dna.
“Le prime elaborazioni confermano le nostre sensazioni sul campo: dall’Azerbaijan in poi, si riscontra una percentuale molto alta di persone che risultano supertaster al test dell’amaro, ovvero che percepiscono il gusto amaro in maniera molto forte. Questo tipo di test riguarda i geni coinvolti nel gusto, dai quali dipendono le nostre preferenze alimentari. Nel Pamir, per esempio, abbiamo registrato una percentuale di supertaster del 37 per cento, altissima se si considera che il dato medio registrato in Europa si aggira tra il 7 per cento ed il 15 per cento. Questo potrebbe spiegare perché quelle popolazioni prediligano una cucina in cui sono dominanti i sapori dolci” ha sottolineato Paolo Gasparini, responsabile scientifico del progetto.
“Oggi sappiamo che altri geni sono coinvolti, oltre che nell’amaro, nelle scelte dei vari cibi e che l’olfatto, così come la vista e l’udito, giocano un ruolo importante nella scelta e nell’appetibilità di un cibo” ha aggiunto Gasparini.
Abitudini alimentari? Questione di genetica
L'alimentazione o, meglio, le abitudini alimentari variano nel mondo, ma non solo per questioni culturali o di territorio: anche la genetica svolge un ruolo da non sottovalutare
